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Calcio

Daniele Proch: dalla Baone al sogno MLS

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Daniele Proch ha 23 anni, è nato a Riva del Garda e, da ormai 5 anni, vive in America, nel North Carolina.
Cresciuto calcisticamente nella Baone, a 15 anni si trasferisce al Sudtirol dove trascorre il resto delle giovanili. Nel 2014 viene girato in prestito al Dro, dove gioca la sua prima stagione “tra i grandi” e dove partecipa al suo primo campionato di Serie D. L’annata non è delle migliori e il Dro retrocede in Eccellenza a causa della sconfitta nel play-out contro la Triestina.

La stagione successiva, però, il Dro viene ripescato in Serie D e Daniele passa un’altra stagione con la squadra gialloverde. Il campionato 2015/2016 è decisamente migliore, con la squadre del Presidente Angeli che termina addirittura all’undicesimo posto con ben 48 punti e con Daniele che realizza 3 reti.

Terminata la stagione Daniele parte e inizia il suo viaggio verso l’America…

Come è nata questa idea di partire per l’America?
“Mi sono diplomato nel 2015 al liceo scientifico Maffei, a Riva del Garda. Una volta conclusa la scuola non avevo nessuna idea su cosa fare, o meglio, non c’era nessuna università che mi interessasse particolarmente e ho deciso quindi di prendermi del tempo per riflettere. Durante l’estate ho lavorato con i miei genitori al ristorante “la Prateria” a Nago e nel mentre ho iniziato a valutare diverse opzioni. Essendo ancora del Sudtirol speravo mi offrissero un contratto con loro ma, quando ho saputo che non era nelle loro intenzioni, ho deciso di fare un altro anno in Serie D a Dro.
Durante una giornata di lavoro mi telefona mio cugino Andrea Stoppini (ex-tennista professionista) e mi propone l’idea di provare ad andare in un college in America tramite una borsa di studio legata al calcio. Ho iniziato a fare qualche ricerca e ad informarmi per bene. Durante l’anno giocavo regolarmente con il Dro e ho iniziato a studiare più che potevo inglese. A gennaio, di fatto, ho deciso ufficialmente di partire”


Com’è stato il primo anno di college in North Carolina?
“Il primo anno l’ho fatto in North Carolina al Catawba College. Ho iniziato nell’agosto del 2016 e, dal punto di vista sportivo, è andata bene. Mi hanno messo a fare il centrocampista e sono riuscito a fare qualcosa come 8 gol e 7 assist, che mi hanno permesse di vincere il premio “matricola dell’anno”.
A gennaio sono stato contattato dalla Duke (una delle Università più importanti negli U.S.A.) e mi han proposto di fare degli allenamenti con loro. Dopo qualche colloquio han deciso di offrirmi una borsa di studio per trasferirmi li. Ho quindi finito il semestre al Catawba College e sono partito per la Duke”


Il passaggio in una delle università più importanti degli Stati Uniti è un passo importante. Come sono stati gli anni alla Duke?
“Alla Duke, dopo il primo anno fatto seguendo dei corsi generici, ho scelto di indirizzare la carriera universitaria verso il giornalismo, scegliendo così il corso “Policy Journalism & Media Studies”.
Sono stato li fino alla fine dell’università, ovvero fino al dicembre del 2019 quando mi sono laureato, finendo con un semestre in anticipo.
Dal punto di vista sportivo le stagioni sono state abbastanza particolari. Sicuramente l’inizio non è stato dei migliori. La prima è stata condizionata dall’operazione al menisco che mi aveva un po’ debilitato sia mentalmente che fisicamente e, avendo un campionato concentrato tutto in due mesi, ha sicuramente influito negativamente.
I restanti due anni, invece, sono stati molto belli, sia dal punto di vista personale che collettivo. Sono riuscito a tornare a segnare in maniera più regolare e, nel complesso, le mie prestazioni mi han permesso di vincere qualche premio individuale. Come squadra ci siamo qualificati agli ottavi di finale sia il primo che il secondo anno mentre l’ultima stagione non siamo riusciti a passare la Regular Season ma, nonostante questo, è stato forse l’anno in cui mi sono divertito maggiormente.”


Come sei riuscito a bilanciare due impegni così dispendiosi come l’università e il calcio?
“Da questo punto di vista sono stato fortunato perché avevo già fatto esperienza al Sudtirol, quando dovevo bilanciare gli allenamenti quotidiani con il liceo. Credo sia necessario essere bravi in entrambe le cose o, almeno, io volevo che fosse così per avere risultati positivi e non accontentarmi di fare il minimo.
Per quanto riguarda la Duke la mattina ci allenavamo, il pomeriggio andavo a seguire le lezioni del mio corso e poi la sera tendenzialmente la passavo a studiare. Contemporaneamente cercavo di avere una vita sociale attiva e quindi volevo ritagliarmi del tempo libero.

Secondo me è una cosa molto formativa perché ti abitua ad organizzare i tuoi impegni, ti aiuta a preparare tutto nel migliore dei modi e, con il tempo, si imparano anche dei trucchetti per gestire tutto in maniera ottimale. Personalmente è stato tutto fantastico, non ho avuto molto problemi.”

Dopo la laurea hai dovuto aspettare fino al Draft. Cosa hai fatto durante questo periodo?
“Dal momento della laurea fino al Draft ho cercato di tenermi il più occupato e allenato possibile. E’ stato un periodo ricco di impegni perché sono stato invitato alle così dette “combine”. Le combine sono degli eventi che le squadre della MLS organizzano invitando diversi giocatori ad allenarsi, a fare dei test, delle partitelle e approfittano di questo per osservare i giocatori. Sono andato a quello dei NY Red Bulls e poi a Las Vegas, dove c’erano i coach delle due squadre di Los Angeles, di Toronto, Seattle e dei Colorado Rapids. Dopo queste prime combine sono stato invitato anche a quella organizzata proprio dalla MLS, la massima lega americana, che invita 40 ragazzi a cui vengono fatti vari colloqui con i diversi coach delle società professioniste.”

Arriva il momento del Draft, dove i coach delle società professioniste decidono chi prendere tra i giocatori eleggibili. Come è andato?
“Il Draft era una grandissima occasione e volevo giocarmi le mie carte. C’è da sottolineare come, comunque, sia un mezzo passo verso il professionismo perché molte squadre scelgono un determinato giocatore, gli fanno fare un paio di allenamenti e poi decidono se tenerlo o mandarlo via o, al massimo, mandarlo con la squadra riserve e la maggior parte delle volte i ragazzi selezionati non riescono a strappare un contratto con la prima squadra.
Io ero quasi convinto di venire selezionato per via dei vari colloqui che ho fatto soprattutto con il coach dei NY Red Bulls ma, alla fine, non sono stato scelto da nessuno. Probabilmente ha inciso il fatto che l’ultimo anno non ci siamo qualificati come Duke alle fasi finali ma credo che la motivazione principale sia che, essendo italiano, non volevano occupare uno slot “internazionale”. Le squadre professioniste hanno un numero limitato di giocatori non americani da tesserare e, rischiare di occupare un posto con un giovane così a loro non conviene, anche perché il mercato internazionale nella MLS è incentrato sui giocatori già professionisti che provengono dall’Europa.
Mi è dispiaciuto perché, nonostante sapessi che quasi tutti poi dopo i primi allenamenti vengono scartati, avrei voluto provare a giocarmi le mie carte, dare il tutto per tutto.”


Dopo la delusione del Draft, però, c’è il passaggio al North Carolina FC, squadra professionista che milita nell’USL Championship, la seconda lega americana. Come è avvenuto il passaggio?
“Dopo il Draft ho iniziato a guardarmi intorno perché, nonostante non fosse andata bene a gennaio, volevo assolutamente trovare una squadra e proseguire nel mio obiettivo di raggiungere l’MLS. Ho iniziato facendo qualche allenamento in New Mexico, dove ero stato invitato insieme ad una trentina di giocatori.
Dopo questi primi allenamenti sono stato contattato dal coach del North Carolina che già mi aveva visto diverse volte grazie al fatto che studiavo e giocavo con la Duke. Dopo una prima telefonata mi ha offerto un contratto che io, ovviamente, ho accettato subito.
Siamo riusciti a fare una partita di campionato (persa 1-0) e poi, a causa del Covid, si è fermato tutto. Dopo un lungo stop, il 17 luglio dovrebbe ripartire il campionato.”


A proposito di Covid, com’è al momento la situazione in America?
“La situazione qui è ancora terribile. I casi sono costantemente in crescita e non sembra proprio ci siano segni di miglioramento.
Noi, come giocatori professionisti, siamo costantemente controllati e monitorati in ogni situazione e abbiamo determinate limitazioni. Oltre a questo, settimanalmente veniamo sottoposti al tampone per poter proseguire senza intoppi gli allenamenti che sono ripartiti da poche settimane”


Come è stato vivere il lockdown in America e, nel frattempo, sapere della situazione in Italia senza poter tornare?
“La situazione non è stata per nulla facile. Io, nel mio appartamento, ero abbastanza tranquillo. Non uscivo e non correvo rischi. Ero più preoccupato per la situazione che c’era Italia e quindi per i miei genitori, mio fratello, i miei parenti e i miei amici più stretti.
Non potendo ovviamente tornare in Italia ero costantemente in contatto con la mia famiglia e i miei amici. Cercavamo davvero di sentirci ogni volta fosse possibile per farci compagnia e per provare a dimenticare per un attimo la tragica situazione che si stava vivendo.
Ora per fortuna in Italia la situazione è nettamente migliorata e sono più tranquillo anche se qui, invece, siamo ancora in alto mare.”


Oltre al calcio giocato ti piace molto anche quello raccontato, dicci un po’ di questa passione per il giornalismo
“Si, è vero. La carriera calcistica è appena iniziata però, una volta finito mi piacerebbe dedicarmi full-time al giornalismo.
Il mio sogno sarebbe quello di girare per l’Europa o per il mondo commentando e raccontando le partite di calcio dai posti più incredibili. Già adesso ho iniziato a portarmi avanti, tant’è che sto collaborando con “Total Football Analysis”, un ente britannica per cui scrivo articoli e per cui faccio da host in un podcast dedicato alla Serie A. Mensilmente, poi, scrivo anche per il loro magazine.
E’ utile perché mi permette di creare una base solida per il mio futuro.
Oltre a collaborare con l’ente britannica, scrivo anche per il blog della mia squadra, con il quale intervisto sia miei compagni che le giocatrici della squadra femminile, che sono una delle squadre più forti al mondo.”



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