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Jacobs: “Ho rosicato. Con calma verso gli Europei”

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“Ho rosicato”. Non ci gira intorno, Marcell Jacobs, per la prima volta davanti ai microfoni dopo la rinuncia alla semifinale mondiale dei 100 per una contrattura al grande adduttore della coscia destra. “Vedere quella corsia vuota è stato triste ma mi ha dato una motivazione in più.

Ho già iniziato le terapie, non bisogna affrettare i tempi, l’obiettivo è arrivare agli Europei di Monaco nella migliore condizione della vita”. Nella conferenza stampa ospitata dall’Asics Hall, nel cuore dell’università dell’Oregon, a pochi metri da Hayward Field, è stato omaggiato con un minuto di silenzio il decano dei giornalisti italiani dell’atletica leggera, Vanni Loriga, scomparso oggi a 95 anni.

“Siamo tutti addolorati, ci ha accompagnato per un lungo percorso e non possiamo che alzarci in piedi per ricordarlo”, ha detto il presidente FIDAL Stefano Mei. Ecco i passaggi salienti della conferenza di Jacobs e del suo allenatore Paolo Camossi.

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I pensieri di Jacobs guardando la finale dei 100“Non la stavo vivendo benissimo ma tutto questo fa parte del nostro sport. Purtroppo quest’anno ne ha fatto parte troppe volte. Vedere i miei avversari in tv mentre iniziavo il mio percorso in fisioterapia non è stato bellissimo: avrei voluto essere in pista e correre con loro. Quella corsia vuota mi ha fatto rosicare tantissimo e questo mi ha dato più energia per tornare più forte di prima. Diciamo che mi ha fatto solo bene. In questa stagione difficile abbiamo provato tante volte ad accelerare i tempi: non ce la facevo a stare sul divano. Ma ho capito che bisogna avere calma. L’Europeo può essere importante e ci saranno ancora tante gare”

La finale di Tamberi“Ieri sono tornato allo stadio per la prima volta, per seguire Gimbo e i duecentisti. Sapendo le difficoltà da cui veniva, Tamberi è stato grandioso. Ha tirato fuori il carattere che tutti conoscevamo e ha dimostrato nuovamente di valere tantissimo. Ha fatto una gara incredibile e anche se non è arrivata la medaglia la merita tutta”.

L’infortunio“Tutto è collegato a quello che era già successo. Venivo da un’elongazione del tendine del bicipite femorale, che mi ha tenuto fermo da Savona agli Assoluti di Rieti. A Stoccolma il problema è tornato, ero in difficoltà, partiva tutto dalla schiena. Alla vigilia di Eugene, in riscaldamento mi sentivo bene, c’era adrenalina e voglia di tornare in pista, era uno degli allenamenti più belli mai fatti. La gamba sinistra era totalmente libera ma non ero abituato a questa alta intensità ed è arrivato il problema dall’altra parte, alla gamba destra. Sono sicuro che lo staff medico della Federazione riuscirà a risolvere tutto”.

Gli impegni fuori dalla pista“Il periodo più pieno è stato dal post Olimpiadi fino a novembre-dicembre. Ma pochi mesi dopo abbiamo vinto i Mondiali indoor. Dopo Belgrado non ho avuto apparizioni o impegni che mi abbiano portato via tempo, o comunque sono state cose molto limitate. Anche quando sono andato al Salone del Libro l’ho fatto nel giorno di riposo, oppure a Milano per due pomeriggi: lì mi sono allenato di mattina. Non è stato quello il problema. Fino al Kenya era andato tutto nel migliore dei modi, poi quell’intoppo a inizio maggio a Nairobi ha condizionato la stagione: 4 kg persi in tre giorni in ospedale. E a seguire gli altri infortuni”.

I programmi a breve“Ho già iniziato tutte le terapie, mattina e pomeriggio, con il mio fisioterapista Alberto Marcellini, per guarire nel migliore dei modi. Nei prossimi giorni (tra giovedì e venerdì, informa coach Camossi, ndr) rientreremo in Italia e faremo una risonanza per capire dove sono le problematiche e cosa c’è da risolvere per poi tornare in pista verso i Campionati Europei”.

Le sue fragilità fisiche“Non sto rivivendo il periodo delle fragilità che avevo quando ero un saltatore in lungo. Sono problematiche diverse. Sono dettagli che fanno la differenza, devo solo cercare di star bene fisicamente, perché se ci sto, anche con 10 allenamenti in meno arrivo in gara e riesco a tirare fuori tutto. Questo è il primo obiettivo”.

Kerley 1 vs 1“Ci sarà la possibilità di confrontarci nella finale della Diamond League a Zurigo. Quest’anno non ci siamo incontrati per colpa mia, devo tornare nel migliore dei modi e batterlo di nuovo, come è successo due volte l’anno scorso. Bolt ha twittato un articolo che diceva… ‘il record del mondo di Usain ha le ore contate grazie a Fred Kerley’. E sotto l’articolo la sua foto con scritto 9.58. Questo mi fa pensare che non so se sia davvero il suo mentore, anche se il loro manager è lo stesso”.

Gli Europei di Monaco (15-21 agosto)“Devo fare le cose con più calma possibile per arrivare a Monaco nella migliore condizione mai avuta nella vita. L’obiettivo è correre più forte di quanto abbiano fatto a Eugene. E poi farò altre gare a seguire. Prima torniamo a posto fisicamente, poi ritroviamo la forma perfetta per spaccare tutto”.

I social“Non ho guardato niente su Instagram e Facebook per stare tranquillo mentalmente e riprendermi, non ho seguito i commenti. Chi è vicino a me, chi mi segue tutti i giorni, chi mi vuole bene, mi ha mandato messaggi su whatsapp e mi hanno confortato, questo è l’importante per me”.

Savona, Rieti, Eugene: le scelte“Col senno di poi si possono fare tantissime cose. Quando sei lì che stai gareggiando e sai di star bene, perché non dovresti fare anche la seconda gara, la finale? Stessa cosa agli Assoluti di Rieti, avevo bisogno di ritrovare la forma che mi mancava: dopo la batteria mi sono reso conto che stavo bene, perché non correre la finale? Ai Mondiali ero qui per 100 e staffetta. Nessuno poteva immaginare che il giorno prima, e il giorno della gara, potessi avere questo problema. Rispetto a De Grasse, non è un problema di condizione ma un problema fisico. Con la condizione che avevo, il 10.04 in batteria a intensità ridotta fa capire che potevamo fare molto bene nei 100 e in staffetta”.

Lo stato d’animo della stagione“Quando capitano infortuni, vedi gli altri che fanno tempi e tu corri al 20% di quanto potresti, è sempre difficile. Un po’ di tristezza ce l’hai, non sei al 100%. A livello mentale ha inciso perché ne sono capitati un po’ troppi. Quando riesci a correre sereno è tutto più facile”.

L’anno post-olimpico“100, 200, 400: tutti e tre i campioni olimpici non hanno preso parte alla gara. Degli otto finalisti di Tokyo a parte Kerley e Simbine nessuno è entrato in finale. A livello fisico e mentale può essere stato un anno più stressante ma non bisogna trovare una scusa in questo. Io ero prontissimo per affrontare questo Mondiale, sarebbe stato diverso senza i problemi”.

L’oro mondiale a 9.86“Il ‘rosicamento’ è stato ancora di più per quello. Ma a prescindere dal tempo avrei rosicato lo stesso, perché avrei voluto giocarmi le medaglie e infilarmi in mezzo alla tripletta americana. È andata così, bisogna guardare avanti: l’anno prossimo c’è un altro Mondiale per riconfermare quello che sono”.

La valigia“In questo periodo americano, per il fuso, non è stato semplice sentire i miei bambini: ci siamo salutati prima della gara. Tornerò da loro con una valigia di esperienza, già pronta per Monaco, con tanta voglia di far bene”.

PARLA COACH CAMOSSI –Qual è l’insegnamento dell’ultimo periodo? Risponde coach Paolo Camossi: “Difficoltà, problemi, sconfitte, sono le cose che insegnano di più. La scelta di gareggiare in Kenya e poi a Savona era in linea con le ottime sensazioni di Marcell. Talvolta si ha voglia di correre, di dare emozioni, ma bisogna avere pazienza: a volte è meglio aspettare un giorno in più, due giorni in più, quando ci sono problematiche fisiche. La gara a volte è un allenamento, è funzionale a raggiungere l’abitudine all’alta intensità. Chi ha fatto atletica ad alti livelli sa che c’è uno 0,5% di rischio, l’importante è che si resti dentro quella percentuale. Sì, confermo che ci serve uno sparring partner per gli allenamenti, abbiamo lavorato con uno sprinter per qualche tempo, ne cercheremo un altro”.

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