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Eugene, Vallortigara salta sul bronzo mondiale!

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Una splendida Elena Vallortigara supera i 2,00 e conquista la medaglia di bronzo nella finale iridata dell’alto. Oro all’australiana Eleanor Patterson con 2,02, argento all’ucraina Yaroslava Mahuchikh, accreditata della stessa misura, ma battuta per un errore alla quota decisiva.

L’azzurra è perfetta fino a due metri (nessun errore), poi a 2,02 inanella i tre rossi che la portano al bronzo. Italia di nuovo sul podio dell’alto undici anni dopo il bronzo di Antonietta Di Martino a Daegu 2011. Filippo Tortu è bravissimo (personale abbassato a 20.10 nella semifinale dei 200), ma resta fuori dalla finale, primo degli esclusi, per tre millesimi di secondo, quelli che lo dividono dal canadese Brown (stesso tempo, ma secondo e promosso direttamente in finale). Noah Lyles sigla uno strepitoso 19.62 (+1.1).

Bene le azzurre dei 400hs, tutte e tre ammesse alla semifinale dei 400 ostacoli: per Ayomide Folorunso (54.69) sesto tempo assoluto, disco verde anche per Rebecca Sartori (55.72) e Linda Olivieri (56.09). Eliminata con onore, nella semifinale dei 200 metri, Dalia Kaddari (22.86, -0.1). Ancora finali stratosferiche: oro dei 400hs al brasiliano Alison Dos Santos (46.29, record dei campionati), disco a Kristian Ceh (71,13, anche per lui record dei campionati), 1500 al britannico Jake Wightman (3:29.23).

Alto donne – Finale – La medaglia sognata per lunghi anni arriva in una fresca sera d’estate americana. Elena Vallortigara coglie finalmente il tanto agognato (e meritato) riconoscimento internazionale indossando il bronzo nella finale dell’alto del Mondiale di Eugene. Il suo volo a due metri esatti per qualche istante è addirittura d’oro, poi i salti dell’australiana Eleanor Patterson (oro) e dell’ucraina Yaroslava Mahuchikh (argento) a 2,02 la riportano sul terzo gradino del podio. Ma non c’è, non ci può essere sentimento diverso dalla gioia per questa grande impresa di Elena Vallortigara, autrice di un percorso netto fino a 2,00 (con salti a 1,84; 1,89; 1,93; 1,96; 1,98; 2,00), e fiera combattente anche due centimetri più su, nella lotta per l’oro.

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Nello sviluppo della gara, prova dopo prova, gli errori tardano ad arrivare. In dieci superano l’1,93 e in 8 l’1,96, cinque di loro addirittura senza mai far cadere l’asticella (!). Tra loro anche Elena Vallortigara, efficace nell’azione, composta, in qualche occasione a sfiorare la barra, ma sempre con il ruolino immacolato. A 1,98 si comincia a sbagliare, ma l’azzurra e la Mahuchikh continuano la loro sfida sul filo della perfezione. Si resta in cinque quando il display fa cifra tonda, 2,00; l’altra ucraina, Gerashchenko, è terza (un errore a 1,96), l’australiana Patterson quarta (1,98 alla terza), l’uzbeka si tiene un tentativo di riserva dopo due errori a 1,98. L’attimo della magia: sbagliano tutte tranne Elena Vallortigara, perfetta fino alla caduta sui sacconi. Ora è lei la lepre, da inseguire in testa.

Ma non è finita, perché, incredibile ma vero, riescono anche le altre tre, tutte al secondo tentativo. Si sale a 2,02, con Vallortigara chiamata per ultima in pedana. L’australiana Patterson (sorpresa) riesce subito, e va in testa, Mahuchikh ce la fa al secondo tentativo, mentre Gerashchenko e Vallortigara si fermano. Gli ultimi salti a 2,04 non cambiano la storia. Patterson (legata sentimentalmente all’altista azzurro Marco Fassinotti) è d’oro, l’ucraina d’argento. Elena Vallortigara centra il bronzo, riportando il tricolore su un podio mondiale dell’alto undici anni dopo Antonietta Di Martino, anche lei bronzo nell’edizione di Daegu 2011.

200 metri uomini – Semifinale – A Daegu, tre anni fa, Filippo Tortu era stato ammesso alla finale dei 100 metri (primo italiano dopo il Pierfrancesco Pavoni di Roma 1987) per un gioco di millesimi di secondo. A Eugene, oggi, quei millesimi (tre, per la precisione) fanno pesare la bilancia a sfavore del milanese, bravissimo a correre in 20.10 (+0.3, primato personale) ma beffato dal canadese Aaron Brown, secondo con lo stesso tempo di Tortu (terzo) e promosso. Tre millesimi di troppo per la qualificazione diretta, un centesimo in più anche sul piano dei tempi, perché l’ultimo crono di ripescaggio è il 20.09 del sudafricano Luxolo Adams, quarto nella seconda batteria. Mai nella storia dei Mondiali si era usciti dalla finale con un tempo simile (il miglior crono precedente di un escluso era il 20.14 di Pechino 2015)…

Una beffa per Tortu, che porta comunque con sé la soddisfazione per aver fatto un passo in avanti (netto) sulla strada per affermarsi come duecentista. In più, va rilevato come il suo nono tempo sia il miglior crono di un europeo, davanti al 20.30 del britannico Mitchell-Blake, a poco meno di un mese dai Campionati continentali di Monaco. La sorpresa del turno è l’eliminazione di Fred Kerley, che accusa un problema nel corso della semifinale (un crampo), e finisce fuori, arrivando al passo. Ci sono comunque tre americani a guidare la lista di ammessi alla finale: Noah Lyles (19.62), Erryon Knighton (19.77) e Kenneth Bednarek (19,84). Indizi rilevanti di un nuovo tentativo di tripletta. 

400hs donne – Semifinale – Bell’en-plein delle ostacoliste azzurre del giro di pista. Tutte e tre passano lo scoglio delle batterie e approdano in semifinale, con Ayomide Folorunso che coglie anche il sesto tempo assoluto (54.69), correndo per l’ennesima volta in stagione dalle parti del record italiano (il 54.54 di Yadis Pedroso). Ce la fanno anche Rebecca Sartori (55.72, diciannovesimo crono) e Linda Olivieri (56.09, ultimo dei tempi di ripescaggio, 23esimo assoluto). Ayo piace particolarmente: già protagonista nella staffetta 4×400 (con una frazione da 50.88 lanciato), l’emiliana, con una ritmica ormai decisamente più matura rispetto al passato, corre alla sua maniera, di rimonta.

Sul rettilineo finale solo una piccola incertezza davanti alla decima barriera, ma una volta scesa a terra, Folorunso dimostra tutto il suo potenziale sul piano, risalendo dal terzo al secondo posto. In testa prime avvisaglie di quello che sarà il confronto finale, uno dei match più attesi dell’intero mondiale, quello tra l’olandese Femke Bol (la più veloce del round, con 53.90) e la statunitense Sydney McLaughlin, la campionessa olimpica e primatista del mondo (53.95). Nove atlete nello spazio di mezzo secondo, tra 54.45 e 54.95: è qui che vanno cercate le finaliste. Appuntamento domani notte (alle 3:15) per la semifinale.

200 metri donne – Semifinale – Ancora una buona prova di Dalia Kaddari, nuovamente al di sotto dei 23 secondi (22.83, vento -0.1) dopo il 22.75 (seppure ventoso, +2.5) della batteria. Al cospetto della superstar Shelly-Ann Fraser-Pryce (prima in 21.82) l’azzurra non sfigura, finendo sesta in un tempo significativo a livello continentale. La giamaicana Shericka Jackson impressiona: il suo 21.67 in assoluta decontrazione, pur ottenuto con il supporto del vento al massimo del consentito (+2.0) è una chiara dimostrazione di forza. La statunitense Tamara Clark (21.95) occupa il terzo posto tra le ammesse alla fine, dove figura, ma solo in virtù del ripescaggio con i tempi, la campionessa olimpica Elaine Thompson-Herah (21.97). Medaglie assegnate nella notte tra giovedì e venerdì (alle 4:35).

Oro-verde-oro, la rivincita di Dos Santos – Lo si era capito fin dalle batterie che la crescita di Allyson Dos Santos era arrivata a livelli non più contenibili. E l’infortunio patito da Karsten Warholm all’inzio di giugno era la seconda parte di un pronostico praticamente già scritto. Così, il brasiliano ha scritto una finale pazzesca, vinta in 46.29 (record dei campionati), strapazzando Warholm, settimo alla fine (48.42) ma ancora in lizza per l’oro all’ingresso sul rettilineo finale. Argento per lo statunitense Tim Benjamin (46.89, l’uomo che non riesce a vincere una finale, fu argento anche lo scorso anno a Tokyo), bronzo per l’altro USA Trevor Bassitt, due centesimi meglio del francese (miglioratissimo) Wilfried Happio, 47.39 contro 47.41.

Serata decisamente migliorabile in casa Norvegia, perché cade anche l’altro idolo, Jakob Ingebritsen, battuto in volata nei 1500 metri dal britannico Jake Wightman (3:29 23 per l’oro, 3:29.47 per l’argento), con lo spagnolo Mohamed Katir (3:29.90) a completare il podio tutto europeo. Cosa avvenuta anche nel lancio del disco, sicuramente terreno più familiare agli atleti del vecchio continente: si apre di fatto l’era di Kristian Ceh, lo sloveno protagonista anche in Diamond League e capace di spostare il record della manifestazione a 71,13. Argento e bronzo alla Lituania, con Mykolas Alekna (il figlio di Virgilius, 69,27), e Andrius Gudzius (67,55).

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