Il viaggio a ritroso parte dalla foto proiettata di Parma, la città dove Thuram cominciò l’esperienza calcistica in Italia. “Una città bellissima – risponde il campione -, in cui sono arrivato nel ’96 e con la bicicletta sono arrivato in piazza Duomo. Non c’era nessuno, pensavo il tempo si fosse fermato. Era la mia prima volta all’estero. Poi mi sono innamorato della città, i miei due figli sono nati a Parma”.
Dall’Emilia a Torino, alla Juventus. Un percorso di crescita in continuità: “Io ho avuto la fortuna di giocare con giocatori importanti come Cannavaro e Buffon, a Parma e anche alla Juve. Sono dei fratelli. E con la Juventus quando vai in campo devi soltanto vincere: è una cosa bellissima”.
Poi la vittoria nel mondiale con la Francia multietnica e vincente, un successo che ha travalicato i confini dello sport. “Prima di tutto – ricorda Thuram -, il fatto di aver vinto il mondiale era un sogno. Una cosa incredibile. Dopo la vittoria è uscita questa tematica, che eravamo una squadra Black-Blanc-Beur, di tutti i colori. Per me, nato in Guadalupa, cresciuto in Francia dove c’è una grande diversità di origini, era una cosa evidente. Perché aspettare di vincere un mondiale per accettare una cosa che è lì e non vuoi vedere? Così il mio Paese ha dovuto riflettere su razzismo, una cosa positiva che ha permesso alla Francia di crescere”.
L’impegno contro il razzismo e per la solidarietà è una direzione costante che Thuram ha valorizzato anche dopo la fine della carriera sportiva, con una fondazione e i libri sul tema (l’ultimo “Il pensiero bianco”). Il campione ha ricordato un episodio vissuto da bambino: “Mi insultarono pesantemente e mia mamma mi diede una risposta sbagliata, che le cose non potevano cambiare. Non ci ho creduto e cominciato a lavorare per far capire alla gente che non è così. Il razzismo è una trappola, un’invenzione politica. Hanno insegnato a scuola che c’erano le razze, diverse tra loro, con i neri inferiori e i bianchi superiori. Ecco, la gente deve capire: il razzismo è un’ideologia politica nata dall’apartheid, dalla colonizzazione”.
Thuram rispondendo ad Arcidiacono ha poi elogiato Mandela e non ha rinunciato ad un invito alla solidarietà senza confini, un intervento sul tema immigrazione. “I messaggi della politica talvolta sono pericolosi, ci fa credere che ci siamo noi e ci sono loro, con meno diritti. Ma quando ho davanti una persona io penso che devo aiutarla perché spero un domani possa fare lo stesso con me, senza domandarmi da dove vengo”. Insomma: “Dipende dal punto di vista. Guardare le cose da un’altra angolazione vuol dire non essere più al centro e questo fa paura – aggiunge Thuram -. Ma si può fare. Non dobbiamo pensare come francesi, italiano o senegalesi, o come uomini o donne, ma come esseri umani, con gli stessi diritti”.
Alla fine torna il calcio. La vittoria dell’Italia (a lungo avversaria dei Bleus) di quest’anno. “Non è un caso se vinci l’europeo. C’è un gruppo giovane, molto compatto. Il bello del calcio – conclude – è che vince la squadra”.