Al Muse di Trento per il Festival dello sport si parla dell’attività sportiva dopo il Covid e il lockdown. Per un confronto che fin da subito tocca il tema dei vaccini e delle nuove norme nazionali (anticipate dal Trentino) che comprendono la riapertura degli stadi al 75%, naturalmente solo con Green pass. In sala tre persone “di alta statura”, scherza il moderatore Luigi Ripamonti. Elena Vallortigara, una delle atlete che ha saltato più in alto di tutta Italia (ha superato i 2.02 metri), nonché Piero Volpi, ortopedico dell’Inter e dell’Istituto Clinico Humanitas, e Gianfranco Beltrami, medico dello sport. Si comincia dall’esperienza con il coronavirus dell’atleta azzurra, per passare all’analisi del rischio contagi nel calcio e non solo in relazione alle novità. “La vaccinazione è la principale difesa contro la pandemia – è il giudizio netto di Volpi -. Io sono fautore dell’immunizzazione per l’ambito sportivo e gli atleti, specie in campo professionistico e per gli sport di squadra dove possono sorgere problemi”. D’accordo Beltrami: “Il vaccino per gli atleti è una salvezza”.
A occupare la prima parte del dibattito è l’esperienza con il Covid di Vallortigara, che ha contratto il virus alla fine del 2020, nella seconda ondata, in un periodo cruciale per la preparazione verso Tokyo. “Non è stata una cosa facile affrontare, anche perché avevo appena iniziato la preparazione per l’anno olimpico e sono dovuta stare a casa, fortunatamente senza sintomi gravi ma con forte congestione e stanchezza. Dopo un mese di positività il recupero è stato lungo. La difficoltà principale è stata dal punto di vista della corsa e del fiato. Ho avuto inoltre altri problemi fisici che si sono protratti”.
Volpi, anche lui reduce dal Covid nella prima ondata – di cui sottolinea rispetto a oggi l’assenza di vaccini e difese farmacologiche – si sofferma sulle conseguenze del lockdown per gli atleti di alto livello. “Abbiamo riscontrato due ordini di problemi: l’inattività, che non era mai stata così lunga nel settore sportivo dalla seconda guerra mondiale, e i postumi del Covid. Due ostacoli da affrontare in modo differente. Ai calciatori a casa abbiamo risposto mandando attrezzature e programmi videoregistrati dal preparatore atletico, ma in generale alla ripresa abbiamo riscontrato una debolezza nella performance, come se togli pezzi a una Ferrari e poi la fai correre”.
I due medici toccano il tema dei vaccini e del rischio di contagi nel calcio e nello sport da qui in avanti, considerando anche gli effetti delle nuove norme sulla capienza degli impianti sportivi. Per Volpi i problemi sono minori per lo sport di alto livello, che conta su strutture capaci di garantire il distanziamento, mentre “più si scende di categoria diventa difficile”. Sulla vaccinazione è netto: “Io sono per il vaccino obbligatorio nello sport. Su questo c’è effettivamente qualche lacuna, in campo professionistico ad esempio io non farei gareggiare gli atleti non vaccinati, creano problemi grossi soprattutto per gli sport di squadra”.
Concorda Beltrami, che prima sottolinea quali possono essere le conseguenze fisiche del Covid sugli atleti (“Il virus – nota – può intaccare l’apparato cardiovascolare e respiratorio determinando conseguenze importanti”). “Sono d’accordo, per gli atleti il vaccino è una salvezza. Devono viaggiare molto, spostarsi in ambienti diversi e sono sottoposti a condizioni di stress che abbassano le difese immunitarie. In Italia è obbligatorio il vaccino antitetanico, sarebbe giusto diventasse obbligatorio anche il vaccino anti-Covid”.