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Festival dello Sport, il cuore “che sta a cuore” agli sportivi

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Gregor Fučka, sloveno naturalizzato italiano, dall’alto dei suoi 2,15 metri di altezza, è stato uno dei più grandi giocatori di basket degli anni Novanta nel ruolo di ala grande/centro.

Ad un certo punto in carriera il suo cuore “ha dato di matto”: era il 1994 e stava giocando ai massimi livelli in forza all’Olimpia Milano. Si trattava di un’aritmia congenita che non gli impedì però di proseguire la carriera con svariati team, italiani e stranieri, e vincere scudetti e campionati europei del 1999. I medici avevano deciso di fermarlo per procedere con tutti gli esami del caso.

“All’inizio pensavo che i medici si fossero sbagliati – ha spiegato il campione – e non avevo mai avuto problemi in tutti gli anni che avevo giocato. Ma gli esami hanno confermato la diagnosi di aritmia che partiva dal ventricolo, portava un ritmo eccessivamente accelerato a riposo ma che spariva sotto sforzo. Per ogni atleta fermarsi è difficile, ma è una fase necessaria per fare tutti gli accertamenti del caso, e sperare di poter tornare in campo”.

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 “Precocità e completezza del percorso diagnostico e un adeguato controllo cardiologico degli sportivi agonisti sono abitudini che non devono mancare per fare prevenzione – ha spiegato la prof.ssa Silvia Priori. E se le prime due fasi di indagine lo richiedono, bisogna poi passare al setaccio con estrema attenzione anche il profilo genetico, perché molto spesso ci sono cause di familiarità”.

Il prof. Marco Francone ha aggiunto “Gli sport più a rischio sono quelli in cui resistenza e sforzo aerobico sono messi sotto pressione, ma il quadro clinico può variare a seconda dell’età. Cosa si può fare oltre all’indagine cardiologica di base? Oggi la diagnostica per immagini ha sviluppato metodiche non invasive, come la risonanza magnetica e la TCO. Per fortuna in Italia il sistema sanitario mette la prevenzione cardiovascolare, soprattutto tra gli sportivi, al primo posto”.

Le aritmie sono malattie spesso insidiose anche perché possono avere un comportamento incerto e probabilistico. Potrebbe esserci un substrato, le cose vanno avanti per anni e poi un giorno specifico accade qualcosa.

Sotto i 35 anni, invece, è più facile che compaiano miocarditi, ovvero quelle infiammazione del muscolo miocardio, cioè il muscolo che costituisce la parete del cuore. “Le cause possono essere varie e diverse: possono andare dai farmaci all’impatto con un virus o con malattie autoimmuni. La sospensione dai 3 ai 6 mesi è il percorso clinico abituale” – illustra ancora il prof. Marco Francone.

“Agli atleti può dare fastidio ma è una fase, quella del riposo, assolutamente necessaria. Per questo motivo è sempre opportuno trattare tempestivamente un’infezione batterica o fungina, per prevenire il coinvolgimento del cuore e quindi la comparsa di miocardite”.

“E non dimentichiamo che anche il doping può avere un devastante effetto sul cuore, anche senza saperlo – ha aggiunto la prof.ssa Silvia Priori – “I farmaci che stimolano il sistema nervoso come le anfetamine possono aumentare le performance ma anche causare le aritmie perché c’è il sovraccarico farmacologico che il muscolo cardiaco non riesce a sostenere”.

Non è da sottovalutare nemmeno una sana ed equilibrata alimentazione seguita da nutrizionisti per non mettere sotto stress il fisico, e tenere sotto controllo anche quelle sostanze che crediamo essere naturali, ma che potrebbero avere importanti effetti sul sistema cardiovascolare, 

Infine, un suggerimento arriva anche da parte di Gregor Fučka: “Con l’età è ben imparare a ridurre un minimo il carico e a non voler strafare quando muscoli e il fisico non sono più quelli di vent’anni prima”. Parola di campione. 

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