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Dolomiti Energia Trentino: coach Nicola Brienza fa il punto della situazione alla prima finestra FIBA
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4 anni fail
Da
RedazioneCoach, dopo quattro mesi di lavoro e 23 partite ufficiali già alle spalle, qual è il suo bilancio sulla prima parte di stagione della sua squadra?
“Il bilancio è positivo, senza dubbio. Per come siamo e per il percorso che ci ha portati a questo punto. Abbiamo tante cose da sistemare, siamo lontani dall’essere perfetti. Però come speravamo costruendola, questa è una squadra gagliarda, intensa, di energia. Una squadra che ha piacere di lavorare duro e di alzare l’asticella della competizione, in palestra e in campo: il gruppo è compatto, ha un grande senso di sfida, non si arrende mai. E’ quello che volevamo creare, e sono molto orgoglioso di come questo team trasmetta senso di appartenenza: non li vediamo al palazzetto, ma i tifosi ci stanno dando la prova di quanto la squadra stia coinvolgendo i nostri sostenitori e la città. In questo inizio di stagione c’è un po’ di rammarico solo per gli acciacchi e le difficoltà che ci hanno un po’ condizionato anche in termine di risultati: quando siamo stati al completo abbiamo dimostrato di poter giocarcela con tutti. L’ultimo della lista è l’infortunio che ha appena colpito Jeremy: speriamo di essere al più presto tutti insieme in palestra: la stagione è lunga, possiamo crescere ancora tanto e se saremo tutti sani possiamo davvero toglierci grandi soddisfazioni”.
Quanto si sta avvicinando questa squadra all’idea di pallacanestro del suo allenatore?
“A me piacciono i giocatori di talento. Ma il “talento” non lo interpreto come la qualità realizzativa, il ball handling spettacolare, o i numeri di prestigio. Ci sono tantissime forme di talento nella pallacanestro, e credo che i ragazzi che abbiamo a roster quest’anno siano giocatori che lo sanno mettere al meglio a disposizione della squadra. Questa Dolomiti Energia non è lontana da quella che è la mia idea di pallacanestro: in attacco il prossimo passo dovrà essere quello di riuscire a fidarci di più l’uno dell’altro nei momenti di difficoltà, senza affidarci alle individualità per risolvere i problemi. In difesa invece abbiamo raggiunto una solidità di gruppo e una continuità di rendimento davvero notevole, in cui al di là delle qualità dei singoli il gruppo si muove già come una sola entità, con tutti i ragazzi pronti a dare un contributo importante. In questo forse, per tempi e modi, siamo andati anche oltre alle nostre stesse aspettative”.
C’è un giocatore del roster che l’ha stupita particolarmente in questo processo di crescita di squadra?
“Non ne farei una questione di singoli. Quest’estate con Salvatore Trainotti e Rudy Gaddo abbiamo costruito una squadra in linea con il nostro budget e che seguisse una chiara idea di gioco; quindi, come è normale, con tante scommesse, tanti giocatori che si portavano dietro dei punti di domanda. Eccetto Browne e Martin, che avevano già trascorsi di alto livello in Europa, tutti i nuovi arrivati pur avendo qualità e caratteristiche indubbie dovevano comunque passare per un periodo di adattamento per confrontarsi con il basket della Serie A e dell’EuroCup. Siamo stati bravi e fortunati, perché questi ragazzi dopo le prime difficoltà e le tre sconfitte di fila in campionato si sono compattati come collettivo, con un grande sforzo mentale. Tutti potevano avere un “alibi”, e invece si sono responsabilizzati capendo di dover fare squadra. E’ un discorso che vale anche per i giovani del gruppo, Ladurner e Conti: non è scontato che giochino con minutaggi importanti, non è scontato che entrambi abbiano saputo dare la scossa alla squadra in alcune partite di campionato e di coppa. La strada è quella giusta”.
Come è stato organizzato il lavoro in questi giorni di “pausa” da partite ufficiali?
“In settimana abbiamo voluto concedere a tutti qualche giorno di riposo, avevamo i giocatori contati e le energie di tutti erano sotto la soglia minima. Avevamo bisogno di staccare. Poi giovedì, venerdì e sabato sono stati allenamenti un po’ più fisici, con tanto lavoro del preparatore Matteo Tovazzi per mettere un po’ di carburante nelle gambe della squadra. Da domani invece entriamo in una “settimana tipo” che ci accompagnerà verso il match contro la Reyer di domenica prossima: rientriamo in modalità campionato cercando di recuperare dagli acciacchi e arrivare al meglio possibile per la trasferta veneta”.
Che Serie A ha trovato quest’anno?
“Una Serie A più competitiva e con un buonissimo livello di qualità. Competitiva perché rispetto agli anni passati l’assenza del pubblico rende molto meno diverso giocare in casa o in trasferta, si è perso quel “fattore campo” che può fare la differenza in tante situazioni. Poi in campo dietro alle “big”, dietro alle squadre forti che tutti conosciamo, siamo tutti nella stessa fascia: non ci sono partite facili, non ci sono gerarchie chiare, non ci sono aiuti esterni come la spinta del pubblico. E’ un campionato estremamente complicato e che ogni settimana ti mette di fronte a sfide delicate e difficili da affrontare”.
L’arrivo di Belinelli a Bologna in queste ore l’ha stupita? Cosa significa per il basket italiano?
“Un po’ mi ha sorpreso, sì. E’ stato un fulmine a ciel sereno, non pensavo che sarebbe tornato in Italia già quest’anno. In NBA simpatizzo Lakers, speravo che venisse a Los Angeles rafforzando i gialloviola e invece… Al di là delle battute, la Virtus e la pallacanestro italiana credo ne guadagnino parecchio. L’arrivo di Marco è un ulteriore motivo di vanto per il movimento nazionale, e si concretizza in una fase in cui Milano in Eurolega sta giocando una bellissima stagione rilanciando le proprie ambizioni e in cui la Virtus Bologna è la favorita numero 1 a vincere l’EuroCup. Vuol dire che abbiamo fiori all’occhiello importanti, che danno valore al basket italiano anche all’estero. Come diceva Recalcati in un’intervista recente, è importante che ora si formi una colonna portante di tanti altri club anche sotto alle “big”. Avere grandi giocatori e grandi squadre come avversari è un enorme stimolo per migliorarsi, fare meglio, mettersi alla prova”.
E in coppa anche Trento ha fatto grandi cose in questo avvio di stagione…
“Abbiamo vissuto una preseason complicata, con tante assenze e infortuni, e siamo entrati nel “frullatore” del doppio impegno forse un po’ troppo presto rispetto ai tempi di cui avevamo bisogno. Però nonostante le difficoltà, vincere tante partite in EuroCup ci ha dato consapevolezza e autostima, e avevamo proprio bisogno di un po’ di sicurezza e di riscontri che il nostro lavoro ci stesse facendo crescere. Essere in vetta al girone poi, per tante settimane da imbattuti, è una bella soddisfazione per noi e anche per il club, che in questa competizione internazionale ha sempre creduto molto. Ora dobbiamo cercare di chiudere al meglio questa prima fase e poi cercheremo di affrontare con ambizione e carattere le Top 16″.
In che cosa si sente più cresciuto da quando la scorsa estate è arrivato a Trento?
“In questo anno e mezzo ho avuto modo di conoscere molto più in profondità la realtà dell’Aquila Basket e di Trento: la mentalità del club, il modo di lavorare giorno dopo giorno. Mi sento diventato parte integrante di questo club, e non è una cosa che capita da un giorno all’altro: ho un rapporto più saldo con Salvatore Trainotti e con la dirigenza, mi sento più “a casa”. E poi inevitabilmente, l’esperienza aiuta: la quotidianità, le partite, le situazioni da gestire. Sono sfide che danno motivazione, ma che ti insegnano anche tanto e che servono di lezione per il futuro: cerco di fare tesoro di tante piccole cose e ampliare il mio bagaglio di esperienza”.
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