Se oggi si discute sul limite di giocatori stranieri che possono giocare nelle squadre di calcio di serie A, quarant’anni fa si aprivano per la prima volta dopo anni, le porte ai giocatori stranieri: rigorosamente uno per squadra.
Nella prima stagione, campionato 1980-1981 furono 11: Jaury dal Brasile all’Avellino, Eneas dal Brasile al Bologna, Bertoni dall’Argentina alla Fiorentina, Prohaska dall’Austria all’Inter, Brady dall’Irlanda alla Juventus, Falcao dal Brasile alla Roma, Krol dall’Olanda al Napoli, Fortunato dall’Argentina al Perugia, Silvio dal Brasile alla Pistoiese, Van De Korput dall’Olanda al Torino e Neumann dalla Germania Ovest all’Udinese.
Fenomeni in grado di cambiare gli equilibri del campionato italiano? Gli unici a fare la differenza sono stati Falcao che portò alla Roma lo scudetto dopo anni di astinenza, che venne soprannominato l’ottavo re di Roma, e in parte Krol, l’uomo arrivato dall’Aiax degli invincibili. Gli altri furono degli autentici bidoni.
Pubblicità
Pubblicità
Il più fortunato fu Jaury passato dall’Avellino all’Inter con soddisfazione sua e del club irpino, ma decisamente meno per l’Inter.
Il 1980 fu l’anno dello scandalo scommesse e per rifarsi un’immagine il calcio puntò sulla novità del ritorno dei giocatori stranieri nel nostro campionato.
Una mossa forse vincente se consideriamo che nel 1982 l’Italia vinse i mondiali dividendo i tifosi tra chi sosteneva che il successo era arrivato perché i nostri si erano potuti allenare con i fuoriclasse stranieri.
La tesi contraria, riportava il successo al fatto che quella squadra era il frutto di giocatori che erano cresciuti senza essere chiusi dai campioni di altre nazioni.
Un dibattito che non si è mai esaurito. Di quegli 11 “eroi” resta il ricordo, di alcuni non esiste nemmeno più la società d’appartenenza, ma di certo il loro sbarco aprì quello di giocatori più noti.
Ma ieri come allora il bidone è sempre in agguato il cui tesseramento è merito di agenti imbonitori e di dirigenti ingenui. Ma ci sono anche i campioni tali unicamente in determinate realtà. E’ il casi di Juary stella ad Avellino, giocatore anonimo nella Milano nerazzurra.