Atletica
Stoccolma, Duplantis sale a 6,16
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2 anni fail
Da
RedazioneNon poteva mancare l’acuto di Armand Duplantis, al meeting di Stoccolma.
Lo svedese supera quota 6,16 e manda in archivio il 6,15 della miglior prestazione mondiale all’aperto, limite (ormai solo ideale, da quando le misure indoor e outdoor sono state equiparate) da lui stesso realizzato a Roma il 17 settembre del 2020.
Per Duplantis, detentore del record del mondo della specialità (con il 6,20 fissato sotto il tetto della Stark Arena di Belgrado, il 20 marzo di quest’anno), è il miglior biglietto da visita da presentare a Eugene, dove tra poco più di due settimane prenderanno il via i Campionati del Mondo. Il 6,16 arriva al secondo tentativo, in una serie che in precedenza lo aveva visto saltare, sempre alla prima occasione, 5,63, 5,83, 5,93, e 6,03. In definitiva, sei salti per fare la storia.
In chiave azzurra, ancora una buona prova per Ayomide Folorunso, finita – come già accaduto a Rieti lo scorso weekend – a pochi centesimi (12, per la precisione) dal primato italiano dei 400hs: per lei, quarto posto con 54.66, crono che ne sancisce la consistenza sul terreno dei 54 secondi, territorio familiare a quante covano ambizioni in prospettiva mondiale.
A vincere, sempre l’olandese Femke Bol, che fissa il record della Diamond League a 52.27, prima di cominciare l’avvicinamento verso la sfida iridata con la statunitense Sydney McLaughlin, la primatista del mondo. “Qualche centesimo in meno mi avrebbe fatto più contenta – il commento di Ayomide Folorunso – ma non posso che essere soddisfatta per questo nuovo risultato cronometrico di valore. Ora i Mondiali, dove spero di divertirmi”.
Un passo indietro, invece, per Elena Vallortigara. La veneta, salita sabato scorso al secondo posto delle liste mondiali stagionali con l’1,98 degli Assoluti, a Stoccolma, in condizioni climatiche decisamente diverse, chiude la prova al sesto posto con 1,89. Serata stranamente ricca di errori, per l’azzurra: una “X” a 1,80, due a 1,89, fino alle tre della chiusura, a 1,93.
Ma non è facile per nessuna delle saltatrici: a vincere, a sorpresa, è l’australiana Eleanor Patterson, unica a superare l’1.96. Tra le battute, anche l’attuale dominatrice la specialità, l’ucraina Yaroslava Mahuchikh, ferma come Vallortigara a 1,89, quinta. “Non ho trovato in pedana le sensazioni giuste – il commento della Vallortigara – ma probabilmente non ho recuperato del tutto dalla gara di Rieti. Anche perché, insieme al mio allenatore Stefano Giardi, abbiamo scelto, in prospettiva Mondiali, di continuare ad allenarci”.
Il giro con barriere al maschile regala grande spettacolo. Il brasiliano Alison Dos Santos va a firmare il primato mondiale stagionale fermando il cronometro sul tempo di 46.80, primo crono al di sotto dei 47 secondi del 2022, a migliorare il 47.04 realizzato dallo statunitense Rai Benjamin ai Trials di Eugene. Distacco immenso nella gara di questa sera: il secondo, il malcapitato statunitense Cj Allen, finisce a quasi un secondo e mezzo di distanza (48.28).
Sorpresa negli 800 donne: la britannica Kelly Hodgkinson finisce battuta dalla keniota Mary Moraa, capace di un notevole 1:57.68 (1:58.18 per la Hodgkinson); eccellente il livello medio: in cinque scendono sotto l’1:59, in sette sotto i due minuti. La sorpresa è invece solo sfiorata nei 100hs, con la portoricana Jasmine Camacho-Quinn che trova solo nelle ultime due barriere lo spunto per battere la nigeriana Tobi Amusan: alla fine, quattro centesimi separano le due, finite nell’ordine, 12.46 contro 12.50 (vento -0.5).
Bel confronto nel lungo donne: lo vince, con un salto a 6,81 nel quinto turno di gara, la britannica Lorraine Ugen, a beffare le atlete che fino a quel momento stavano battagliando in vetta alla classifica. In quattro finiscono alle sue spalle in altrettanti centimetri, dai 6,76 della Bekh-Romanchuk, seconda, fino ai 6,72 della Mihambo, quinta. Lettura attenta del photofinish per aggiudicare il successo nei 200 donne: la spunta Dina Asher-Smith, in 22.37 (+0.1), lo stesso tempo attribuito alla svizzera Mujinga Kambundji.
I 100 metri uomini, orfani di Marcell Jacobs, vedono il successo del sudafricano Akani Simbine, il cui 10.02 è figlio di una partenza molto indovinata, e di una bava di vento contrario (-0.5). Più indietro, l’atteso britannico Reece Prescod è secondo in 10.15, abbastanza lontano dal 9.93 realizzato quest’anno, crono che ne ha rilanciato le ambizioni in chiave europea.
Miglior prestazione mondiale nei 3000 metri per Domnic Lokinyomo Lobalu, 23enne atleta sudanese che porta in giro (e sul gradino più alto del podio, in questo caso) la sigla ART, che contraddistingue il team degli atleti rifugiati. Il suo 7:29.48 vale doppio, anche in considerazione del fatto che a finire secondo, battuto al termine di una volta allo spasimo, è un avversario di valore assoluto, l’ugandese Jacob Kiplimo, il bronzo olimpico dei 10000 metri di Tokyo. I 3000 siepi donne vanno alla kazaka di origine keniana Daisy Jepkemei (9:15.77), che trascina al record nazionale la francese Alice Finot, seconda in 9:19.59.
Nuovo successo nel disco per lo sloveno Kristian Ceh: il suo 70,02 vale il record del meeting, ma quel che più conta, riesce a piegare l’emergente Mykolas Alekna, vent’anni da compiere, secondo con il personale portato a 69,81. Nelle gare del tardo pomeriggio, uno dei risultati tecnici di maggior valore, ovvero l’8,31 (+1.7) nel lungo di Miltiadis Tentoglou, il campione olimpico di Tokyo. Sullo stesso livello il 20,48 realizzato da Chase Ealey nel getto del peso, a sfiorare la miglior prestazione mondiale dell’anno (20,51) da lei stessa ottenuta ai Trials di Eugene dello scorso weekend.
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