La trionfale spedizione azzurra ai Giochi Paralimpici di Tokio 2020, che si sono svolti in Giappone la scorsa estate, sono stati solo l’ultimo tassello di una vera e propria rivoluzione culturale, nel segno degli atleti paralimpici, per lo sport e per la società italiana. Questo il messaggio forte arrivato nel pomeriggio dal Festival dello Sport di Trento nell’ incontro “Tokio 2020. La Paralimpiade più bella della nostra vita”. Un messaggio racchiuso nelle parole degli atleti paralimpici Francesca Porcellato e Oney Tapia protagonisti insieme a Luca Pancalli presidente del Comitato Italiano Paralimpico.
Al giornalista Claudio Arrigoni il compito di presentare Francesca Porcellato, la pià grande atleta paralimpica italiana di sempre, e Oney Tapia, bronzo a Tokyo 2020 nel getto del peso e lancio del disco. Due stelle dello sport italiano paralimpico in rappresentanza di un movimento che ha portato a Tokio ben 113 atleti, con un 14%in più rispetto ai Giochi di Rio, divisi fra 61 donne e 52 uomini, in 16 discipline differenti.
“Dietro i numeri c’è una grande realtà – ha detto Luca Pancalli – ci sono grandi atleti che vanno ben oltre la narrazione, seppure importante, dello loro storie umane e del loro percorso che li ha portati allo sport. Una realtà che ha saputo conquistare l’attenzione dei media e di tutti gli italiani”,
Quello sport che ha segnato la vita di Francesca Porcellato che ha conquistato ben 15 medaglie paraolmpiche. Un percorso quello dell’atleta di Castelfranco Veneto iniziato dall’atletica: “La mia prima passione è stata l’atletica, spaziando dai 100 metri alla maratona – ha raccontato la Porcellato – poi mi sono dedicata allo sci di fondo paralimpico calandomi nelle ambientazioni gelide dei Giochi paralimpici invernali di Torino 2006 e di Vancouver 2010”. La sua ultima sfida si lega però all’handbike: “All’inizio trovavo davvero strano questo mezzo – ha confessato la Porcellato – poi me sono innamorata e mi diverto tantissimo con questo sport”.
Nelle parole di Oney Tapia tutta l’emozione per la sua partecipazione ai Giochi di Tokio: “Per me si trattava dei secondi Giochi paralimpici dopo quelli di Rio e li ho vissuti in maniera molto intesa. Porto con me un ricordo luminoso di quei giorni che mi danno una grande carica e stimoli per le sfide sportive che affronterò in futuro”.
“Da inizio millennio – ha sottolineato Luca Pancalli – ho incominciato ad un usare sempre il termine di “atleta paralimpico” e non più quello di disabile. Ora quel termine è entrato nell’enciclopedia Treccani e dimostra tutta la strada che abbiamo percorso negli ultimi anni: abbiamo cambiato la cultura del nostro Paese con un movimento che ha rotto gli argini grazie all’impegno di tutti coloro che hanno creduto e continuano a credere in questa grande realtà sportiva ed umana”.