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Libera Brittney Griner, scambio di prigionieri con la Russia

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@ANSA/AFP

Nuovo scambio di prigionieri in stile guerra fredda tra Usa e Russia, nonostante l’escalation del conflitto ucraino.

Dopo lunghi negoziati, Mosca ha liberato la 32enne stella del basket femminile americano (nonché attivista e icona gay) Brittney Griner, detenuta da 10 mesi dopo una condanna a nove anni per la detenzione di meno di un grammo di hashish.

Dal lato opposto, Joe Biden ha graziato e rilasciato il 55enne famigerato trafficante di armi Viktor Bout, che dal 2012 stava scontando una pena di 25 anni dopo una travagliata estradizione dalla Thailandia. Bout era stato ribattezzato come ‘The merchant of death’ (il Mercante di morte) e ha ispirato il personaggio interpretato da Nicolas Cage nel film ‘Lord of War’ (Il signore della guerra), di cui teneva un dvd a casa. Per il commander in chief si tratta di una vittoria a metà, perché lo scambio non appare equo e soprattutto perché non è riuscito a riportare a casa l’ex marine Paul Whelan, arrestato nel 2018 e condannato a 16 anni di reclusione per spionaggio.

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Brittney e la sua famiglia hanno passato l’inferno, ma ora lei sta bene, è di buon umore e sta tornando a casa, anche se avrà bisogno di tempo per riprendersi dai traumi subiti“, ha annunciato Biden dalla Casa Bianca, dove ha ricevuto la moglie della cestista, Cherelle, che ha ringraziato l’amministrazione per i suoi sforzi e si è detta “travolta dalle emozioni“. Anche la Wnba, la lega Usa del basket femminile, ha espresso la sua “gioia” e il suo “sollievo” per la liberazione di Griner, due volte campionessa olimpica e star dei Phoenix Mercury.

Il presidente ha spiegato che non si è trattato di scegliere tra quale americano riportare a casa perché i russi hanno trattato il caso Whelan diversamente per “motivi totalmente illegittimi” e ha promesso che non desisterà dagli sforzi per liberarlo. La promessa non ha placato la sua famiglia e lo stesso Whelan, che parlando con la Cnn si è detto “profondamente deluso che non sia stato fatto di più per il mio rilascio” alla vigilia “del quarto anniversario del mio arresto per un crimine che non ho mai commesso”. 

Per Vladimir Putin si tratta invece di una vittoria piena perché riporta a casa probabilmente uno dei suoi, ripagandolo per il lungo silenzio e lanciando il segnale che la madrepatria non dimentica mai i suoi servitori: ex ufficiale dell’aeronautica sovietica, dopo il crollo dell’Urss il camaleontico e poliglotta Bout aveva messo in piedi una flotta di aerei che riforniva di armi mezzo mondo, difficilmente senza l’avallo dell’intelligence.

Tanto che pare sia legato al Gru, il potente servizio segreto militare russo, e che abbia forti legami con Igor Sechin, uno dei più stretti alleati di Putin. La scena finale dello scambio di prigionieri è degna di un film di spionaggio: i detenuti sono stati portati con due aerei privati all’aeroporto di Abu Dhabi e si sono passati accanto sulla pista prima di reimbarcarsi sulla via di casa (Bout è già atterrato, mentre la moglie e la madre ringraziavano lo zar).

Una scena analoga a quella dello scorso aprile, quando Washington e Mosca si scambiarono altri due prigionieri: l’ex marine Trevor Reed, condannato a nove anni da Mosca per l’aggressione a due agenti, e il pilota russo Konstantin Yaroshenko, che era in carcere negli Usa per una pena a 20 anni per traffico di cocaina con le Farc colombiane. Questa volta il ‘prisoner swap’ non è avvenuto in Turchia ma negli Emirati Arabi, Paese che Biden ha ringraziato per aver facilitato l’operazione.

Secondo un comunicato congiunto dei due Paesi del Golfo, alla mediazione ha preso parte anche il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che ha relazioni gelide con il presidente americano (per il suo coinvolgimento nell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi) ma ottime con Putin. La Casa Bianca tuttavia ha precisato che il negoziato è stato “solo tra Usa e Russia”.

Questi scambi di prigionieri rievocano quelli, molto più ovattati, che avvenivano tra americani e sovietici durante la guerra fredda sul ponte Glienicke, il famoso ‘ponte delle spie’ che collegava Berlino Ovest alla Germania dell’Est. E sono avvenuti anche dopo il crollo dell’Urss, come nel 2010 a Vienna nel caso della ‘sexy spy’ Anna Chapman (Anna la rossa). Ma il fatto che la ‘diplomazia degli ostaggi’ prosegua anche nel pieno della guerra in Ucraina conferma che i due Paesi continuano a parlarsi attraverso canali riservati, forse in vista di futuri, possibili negoziati.

Fonti dell’amministrazione Usa si sono però affrettate a precisare che l’accordo raggiunto con Mosca riguarda solo il rilascio di Griner e non include “altre questioni più ampie“, come è stato assicurato ad alleati e partner, compresa Kiev. E la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha garantito che lo scambio “non cambierà l’impegno Usa verso il popolo ucraino”.

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