Ne è passato di tempo da quando nel 1979 il Perugia inventa lo sponsor sulle maglie per avere Paolo Rossi.
Un’altra epoca, un altro mondo nel quale internet ed i social non esistevano. Ora, piaccia o meno, con questi nuovi strumenti tecnologici tutti ci facciamo i conti per vari motivi. Lo sanno bene (e forse meglio degli altri) i personaggi che hanno visibilità nel mondo dello spettacolo e dello sport.
Atleti che hanno migliaia se non milioni di followers che hanno saputo pianificare la loro immagine in grado di veicolare anche prodotti che associano al loro nome. Ma valgono di più i team o gli atleti? Di sponsor e pubblicità si è parlato nell’incontro al Muse nell’ambito del Festival dello Sport con Stefano Dealessi, presidente agenzia pubblicitaria Dao, Gianluca Mazzardi direttore commerciale Nielsen Sports Italia, Arianna Fontana pattinatrice e Gregorio Paltrinieri nuotatore, entrambi per la “scuderia Dao”.
Come vivono i due atleti il rapporto con gli sponsor e il mondo della pubblicità? “Cerco sempre di creare un legame con il mio sponsor, – ha affermato la pattinatrice – così siamo allineati sul messaggio da trasmettere: idee e passioni. Quando si trova questa linea diretta si crea qualcosa di unico e funziona con la soddisfazione di entrambi oltre che del pubblico ch riceve il messaggio”. “Noi, come nazionale azzurra – ha aggiunto il nuotatore – c i siamo trovati in situazioni nelle quali abbiamo rifiutato alcuni sponsor perché non ci ritrovavamo nella condivisione del progetto. Se c’è stima reciproca e condivisione di valori allora il cerchio si chiude.
Ci sono tematiche che mi interessano di più di altre, come la tutela dell’ambiente e del mare in particolare, che fanno la differenza nella scelta dello sponsor: con lo sport passano valori e messaggi importanti da non sottovalutare”.
E se i brand da promuovere riguardano il made in Italy tanto meglio hanno sottolineato sia Fontana che Paltrinieri “orgogliosi della nostra terra e dei suoi prodotti”. Ma agli atleti che, ovviamente, devono dedicarsi agli allenamenti e alle competizioni che si interessa per promuovere loro stessi e i brand associati? In parte ci pensano loro con i post e le stories sui social, in parte il team che hanno alle spalle.
“Rispetto a dieci anni fa gli atleti tutti i giorni sono sui social e quindi devono dotarsi di una struttura che li gestisca. Gli atleti sono delle icone ed i tifosi si identificano con loro – ha puntualizzato Dealessi – Guardiamo ad esempio Ronaldo: grazie alla sua notorietà la Juventus ha fatto un balzo notevole nella vendita delle magliette. Con un team si raggiunge un’audience enormi e le leve di comunicazione sono molto più alte e le campagne pubblicitarie sono vincolate all’immagine di squadra”.
“I grandi campioni hanno grandi esigenze – ha aggiungo Mazzardi – Con ognuno di loro ci vuole onestà nel dire cosa si può e cosa non si può fare. Importante è trovare aziende che dal punto di vista valoriale possano accompagnare l’atleta nella sua carriera, che possano condividere con lui un percorso ed accresce anche le sue prestazioni sportive”.