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Atletica

Battocletti settima, sfiorato il record italiano

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Dopo le emozioni per i due ori dell’indimenticabile domenica di Tokyo, nella quarta giornata dell’atletica alle Olimpiadi la protagonista in chiave azzurra è Nadia Battocletti.

La 21enne mezzofondista firma un’altra splendida gara, con il settimo posto in finale nei 5000 metri, e cresce ancora correndo in 14:46.29. Quasi dieci secondi di progresso in confronto alla batteria di venerdì (14:55.83) per sfiorare il record italiano di Roberta Brunet (14:44.50 nel 1996) e demolire di nuovo la sua migliore prestazione nazionale under 23.

In uno scontro tra fuoriclasse, la volata vincente è dell’olandese Sifan Hassan con 14:36.79 davanti alla keniana Hellen Obiri (14:38.36) e all’etiope Gudaf Tsegay (14:38.87). La giovane trentina è la seconda delle europee al traguardo, come l’altro azzurro Ala Zoghlami che nei 3000 siepi finisce nono in 8:18.50, mentre è quattordicesimo Ahmed Abdelwahed in 8:24.34.

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Per la prima volta dopo nove edizioni l’oro non è del Kenya, ma approda in Marocco per merito di Soufiane El Bakkali (8:08.90). Nel disco Daisy Osakue non va oltre il dodicesimo posto con 59,97, dopo il record italiano di 63,66 eguagliato in qualificazione, ed è netto il successo della statunitense Valarie Allman (68,98) con oltre due metri di vantaggio sulle avversarie.

Fuori dal podio la croata Sandra Perkovic, bicampionessa olimpica, stavolta quarta con 65,01 preceduta dalla tedesca Kristin Pudenz (66,86) e dalla cubana Yaimé Perez (65,72) in una gara interrotta per un’ora a causa del diluvio.

Torna sotto i 45 secondi nei 400 metri Davide Re, autore di un’ottima prova con 44.94, ma non basta per andare in finale perché chiude con il secondo tempo degli esclusi. Eliminate in semifinale le azzurre nei 400 ostacoli, con Yadisleidy Pedroso (quinta in 55.80 sotto la pioggia, a un paio di decimi dal primato stagionale della batteria) meglio di Linda Olivieri (settima con 57.03).

Sulla pedana dell’asta non superano la qualificazione Elisa Molinarolo, diciottesima con 4,40 al primo tentativo, e Roberta Bruni che salta 4,25. Nei 200 metri out Gloria Hooper in 23.28 (+0.3) e Dalia Kaddari con 23.41 (+0.1), entrambe ottave nelle rispettive semifinali.

5000 donne – finale – Sempre più entusiasmante Nadia Battocletti. Trema il record italiano dei 5000 metri, come non mai. Nella finale olimpica c’è l’ennesimo, enorme miglioramento di una stagione da incorniciare. Subito cancellato il 14:55.83 di tre giorni fa, con un fantastico 14:46.29 a meno di due secondi dal primato per la figlia d’arte trentina che quest’anno ha vinto a livello continentale tra le grandi (con il trionfo agli Europei a squadre) e in campo giovanile (conquistando il titolo under 23).

A Tokyo viaggia con le big mondiali nei primi quattro chilometri, agganciata al gruppo, con la sua falcata leggera ed efficace. Si corre con parziali di 3:02, 6:01 e 9:01 sulla spinta dell’etiope Ejgayehu Taye, poi l’andatura aumenta (11:58) e la 21enne azzurra si ritrova da sola, all’ottavo posto, prima di recuperare una posizione ai danni della turca Yasemin Can.

Furibondo l’ultimo giro che incorona la stakanovista Sifan Hassan (14:36.79), di nuovo in pista dopo il primo turno dei 1500 al mattino, dove ha vinto la batteria nonostante una caduta. L’olandese, già due ori mondiali a Doha (ma in quel caso con i 10.000 abbinati ai 1500), spazza le velleità dell’ex iridata keniana Hellen Obiri (14:38.36) e di un altro pezzo da novanta come l’etiope Gudaf Tsegay, in pista da leader stagionale ma terza in 14:38.87.

“Per la seconda volta ho assaporato l’atletica delle grandi – esulta Nadia Battocletti – Le avevo lì. Ho corso accanto alla Hassan per tutta la gara. Forse ho sbagliato a staccarmi quando le altre sono andate via, con due ragazze che non riuscivo a superare. Sono passata in 13:44-13:45 e quindi dovevo chiudere in 59-60 secondi per fare il record italiano. È stata una rincorsa. Volevo finire il più veloce possibile ma le vedevo sempre più lontane. Me le sono fatte sfuggire. Comunque è una finale olimpica, ho ventuno anni, c’è ancora molto su cui lavorare, soprattutto nei chilometri: le atlete di testa faranno 150 km settimanali, io a malapena cento. E questo fa la differenza nel mezzofondo”. Si guarda avanti, con ottimismo: “Sono tutti segnali che sto crescendo bene – continua – per quest’anno di 5000 ne ho fatti abbastanza, ora rallenterò un attimo per poi riprendere e fare qualche gara spuria per terminare la mia stagione. Poi preparo gli Eurocross di Dublino”. Che vuol dire gareggiare con così tante big? “Le vedevo a Londra 2012, mi sembravano aliene, credevo fosse impossibile correre con loro in un’Olimpiade. E invece eccoci qua. E con il papà-coach Giuliano l’avevamo immaginata proprio così questa gara. Cioè che avrebbero strappato. Rallentato di colpo. Ripartite repentinamente. Questa capacità di leggere la gara arriva dall’esperienza dei miei genitori: quello che conta è il coraggio, restare lì attaccati e non mollare mai. Già dalla batteria ho capito che devo lavorare ancora un paio di anni per stare lì con loro. Per ora sono arrivata a 4300-4400 metri. Sul resto, ci stiamo attrezzando”.

3000 siepi – finale – Dopo nove ori olimpici di fila, e sette mondiali, si conclude il regno del Kenya. È questa la notizia nei 3000 siepi dove festeggia il marocchino Soufiane El Bakkali, già due medaglie iridate in bacheca, argento nel 2017 e bronzo nel 2019. Tutto si risolve all’ultima curva, prima della riviera, con l’attacco decisivo del vincitore (8:08.90 il crono finale) ai danni dell’etiope Lamecha Girma (secondo in 8:10.38) mentre l’altro etiope Getnet Wale si sbilancia per un contatto con il keniano Benjamin Kigen (bronzo con 8:11.45) e arriva quarto in 8:14.97.

Il migliore degli azzurri è Ala Zoghlami, nono in 8:18.50 dopo essersi migliorato in batteria con 8:14:06, a lungo in coda al gruppo di testa e secondo tra gli europei (ottavo il finlandese Topi Raitanen, 8:17.44). Meno brillante Ahmed Abdelwahed che si stacca al secondo chilometro ed è quattordicesimo con 8:24.34, in una gara con ritmo non esagerato in avvio: 2:50 al primo mille, poi 5:35 per l’altro parziale.

Le parole di Ala Zoghlami: “Ero lucido, carico e motivato. Ho subito pensato che la scelta giusta fosse stare davanti. Con i migliori. Provare a tenere. Sul cambio di ritmo purtroppo i più forti sono andati via. È una lezione, su questo dovremo lavorare nei prossimi tre anni, da qui alle Olimpiadi di Parigi”. Gli fa eco Ahmed Abdelwahed: “Non ho recuperato del tutto la batteria – spiega – Al terzo giro ho dato una botta clamorosa: non dico che sarebbe cambiato tantissimo ma senza fastidio sarebbe stato meglio. Essere qua, arrivare in fondo, è comunque un grande stimolo. Posso crescere tanto. Questa serata mi servirà, mi farà crescere”.

Disco donne – finale – Niente da fare per Daisy Osakue nella finale del disco. Stavolta l’azzurra non trova il lancio giusto, dopo il formidabile record italiano pareggiato in qualificazione (63,66). La piemontese comincia con una prima spallata a ridosso dei sessanta metri (59,97), seguita da un nullo. Quando sta per tornare in pedana, attesa dal terzo e ultimo tentativo, si scatena il diluvio sullo stadio Olimpico.

La gara viene sospesa per quasi un’ora, ma al rientro c’è ancora un nullo della torinese. Non è mai in discussione la leadership della statunitense Valarie Allman, sempre al comando dopo il 68,98 di avvio. Niente tripletta d’oro per la croata Sandra Perkovic che qui finisce a mani vuote, quarta con 65,01. La tedesca Kristin Pudenz aggiunge oltre mezzo metro al personale e si prende l’argento (66,86) sorpassando al quinto turno l’iridata cubana Yaimé Perez (65,72).

Non trattiene le lacrime, Daisy Osakue: “Speravo nella finale a otto. O fare almeno sessanta metri. Ma nei prossimi giorni capirò che sono felice, quando mi renderò conto che ho fatto qualcosa ‘senza senso’ in qualificazione. Ho dato il 110%. Ho eguagliato il record italiano, quando invece dopo l’infortunio di marzo non pensavo nemmeno di arrivare qui, e di esserci ad alti livelli. Purtroppo l’inesperienza ha vinto. Ho bisogno di mettere a punto tanti dettagli e penso già al 2022, con i Mondiali di Eugene e gli Europei di Monaco, e poi al 2024. Si riparte da qui”.

400 uomini – semifinali – Esce a testa alta, anzi altissima Davide Re nei 400 metri. L’azzurro lotta come un leone, cercando fino all’ultimo di conquistare almeno il quarto posto, per poter sperare nei crono di recupero. C’è una lunga attesa per la lettura del fotofinish, ma è quinto in 44.94 a un solo centesimo dal 44.93 di Deon Lendore (Trinidad e Tobago). Il primatista italiano scende sotto i 45 secondi per la terza volta in carriera, un muro varcato in due occasioni (44.77 e 44.85) nel suo magico 2019.

E arriva qui al massimo della forma nonostante una stagione non facile, dopo l’infortunio al tendine della scorsa stagione. Chiude con il decimo tempo complessivo, il secondo degli esclusi, e potrà giocarsi ancora le sue carte con la staffetta 4×400. Davanti si viaggia fortissimo: 43.88 del grenadino Kirani James, oro olimpico di Londra 2012, e 43.93 del colombiano argento mondiale Anthony Zambrano, al record continentale, mentre l’olandese Liemarvin Bonevacia migliora il limite nazionale con 44.62. Tra le vittime illustri il sudafricano Wayde van Niekerk (45.14), campione uscente.

“Sì, esco a testa alta – commenta Re – è stata una stagione difficilissima, lunga, complicata. Perché i risultati sperati non arrivavano. E perché undici mesi fa esatti, il 2 settembre 2020, uscivo dalla radiologia dell’Acqua Acetosa con un referto che diceva ‘grave tendinosi al tendine d’Achille destro’. Questa stagione olimpica l’ho dovuta inseguire. Una rincorsa continua. Sono felicissimo di essere tornato sotto i 45 secondi, a undici mesi da quel referto. Ed esco da questa Olimpiade sapendo di aver dato il cuore. Il massimo. In una semifinale tostissima. Adesso non è finita, c’è la staffetta. Non ho fatto la mista per potermi concentrare al meglio sulla mia gara individuale: penso di averla meritata per quanto fatto negli ultimi anni. Ora però con la 4×400 maschile possiamo far bene: Ale Sibilio è in formissima, io sono tornato praticamente quello del 2019, Edo Scotti è arrabbiato per la gara individuale e ha una voglia di rifarsi assurda, Vladi Aceti è un combattente, male che vada corre in 45.3 lanciato. È un quartetto che può puntare a un posto tra le prime cinque”.

400 ostacoli donne – semifinali – Sotto la pioggia battente che accoglie le specialiste dei 400 ostacoli, si comporta piuttosto bene Yadisleidy Pedroso che è quinta con 55.80 nel turno intermedio, non lontana dal primato stagionale di 55.57 nella batteria di due giorni fa. Per l’altra azzurra Linda Olivieri è invece fatale un’incertezza nella ritmica alla quinta barriera, che pregiudica il resto della gara, e si piazza settima in 57.03 nella sua semifinale. Per ora è sfida a distanza tra le big che si aggiudicano il successo parziale: 53.03 della primatista mondiale Sydney McLaughlin e 53.30 per Dalilah Muhammad che punta a ripetere l’oro di Rio, ma dovranno fare attenzione all’olandese Femke Bol (53.91).

Asta donne – qualificazione – Resta in corsa fino alla fine Elisa Molinarolo, nel turno eliminatorio dell’asta. Dopo un nullo iniziale, supera 4,25 alla seconda prova e va a segno con il primo tentativo a 4,40, quindi sbaglia una volta a 4,55. Poi l’acquazzone ferma la gara per oltre un’ora e alla ripresa arrivano altri due errori, però la campionessa tricolore al terzo e ultimo salto manca di poco la misura. Giornata no per la primatista italiana Roberta Bruni, che parte con 4,25 alla prima ma incappa in tre “X” a 4,40. Alla fine in quindici chiudono con 4,55 e vengono tutte premiate con l’ingresso in finale dove non ci sarà la statunitense Sandi Morris, argento a Rio, condizionata da un infortunio dopo la rottura dell’asta.

200 donne – semifinali – Si fermano al secondo turno nei 200 metri le velociste azzurre. È ottava Gloria Hooper con 23.28 (+0.3) in prima corsia, dopo il 23.16 della batteria con cui era riuscita ad andare avanti, centrando un obiettivo che invece aveva mancato nelle due precedenti Olimpiadi. Strepitoso il 21.66 della giamaicana Elaine Thompson-Herah, ancora più sensazionale perché ottenuto frenando negli ultimi metri. La regina dello sprint pareggia il personale (sesta di sempre), si candida per la seconda doppietta d’oro (100-200) e non sembra più così inavvicinabile il record mondiale di 21.34 (Florence Griffith a Seul ’88). Alle sue spalle, di nuovo primato del mondo under 20 della 18enne namibiana Christine Mboma con 21.97, migliorando il 22.11 del mattino. Stesso piazzamento in chiave azzurra, l’ottavo, in 23.41 (+0.1) nella sua semifinale per Dalia Kaddari che non si ripete ai livelli dell’eccellente 22.64 da medaglia d’oro ai recenti Europei under 23.

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