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Roberto Baggio: lasciare il calcio mi ha ridato l’ossigeno e la vita

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L’ex calciatore abita ad Altavilla Vicentina, piccolo paese veneto insieme alla moglie Andreina Fabbi e i tre figli. 

Roberto Baggio oggi ha 54 anni, da 17 non gioca più a calcio, mondo dal quale è uscito definitivamente il 23 gennaio 2013 dopo aver dato le dimissioni da presidente del settore tecnico della Federcalcio.

Da allora non ha più avuto a che fare con il mondo del calcio; in questi giorni si è tornati a parlare di lui perché uscirà a giorni un documentario su Netflix dedicato proprio al campione, “Il divin codino” e nei giorni scorsi Baggio ha rilasciato una lunga intervista uscita sul Venerdì, in cui ha raccontato alcuni dettagli sulla sua nuova vita, decisamente lontana dai riflettori e dai campi di gioco: “Faccio la cosa più bella, sono a contatto con la natura, faccio dei lavori che mi danno grande soddisfazione. Mi accontento delle cose piccole ma sono quelle più belle, più vere alla fine”. 

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Baggio oggi è felice, così come lo è stato di lasciare il calcio professionistico: “Mi ha ridato vita e ossigeno, stavo soffocando, troppo male, dolore fisico, quando da Brescia rientravo a casa, non riuscivo ad uscire dall’auto, chiamavo Andreina, mia moglie, che mi aiutava ad aggrapparmi al tetto e poi a far passare il corpo. Ho sempre saputo che il calcio aveva una fine. La gente si stupisce: come, non metti più gli scarpini, non ti viene voglia? No, e allora? Bisogna che ci mettiamo d’accordo: quelli che senza pallone si sentono appagati e felici sono dei falliti?”.

Si è dato proprio alla vita di campagna, “Spacco la legna, uso il trattore e la sera sono così stanco che mi gira la testa. Totti non voleva smettere, io non vedevo l’ora. Ibrahimovic è della stessa pasta di Francesco”.

Baggio si confessa, dai momenti di crisi, ai dissapori con i diversi allenatori, fino al tristemente famoso rigore sbagliato nel 94: “L’unico che nella mia vita ho tirato alto e non so perché. Ancora non me lo perdono: ho passato sere a sognare che lo buttavo dentro, ma quel giorno avrebbero potuto uccidermi e non avrei sentito niente”. 

Ma alla fine ne esce il ritratto di un uomo genuino, non più un calciatore, campione invece si rimane per sempre. 

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