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Matteo Faes: il campioncino che si divide tra ciclocross e lavoro

Si divide tra lavoro e ciclismo, e in entrambi i settori offre sempre il massimo. E se a farlo èun ragazzo di 23 anni, di questi tempi è una bella rarità. Stiamo parlando diMatteo Faes,il campioncino di Caldonazzo, nato a Trento, che corre con teamLapierre di Roveretola squadra guidata dal presidentePaolo Garniga, uno che di ciclismo se ne intende davvero, e che lavora presso la ditta Morelli Food service di Novaledo. Segni identificativi:segno del leone, 1,85 per 72 kg, fisico scolpito e statuario e tanta voglia di fare.Cibo preferito?«Non posso fare a meno di una bella grigliata di carne»–dice ironicamente Matteo. Sale sulla bicicletta per laprima volta all’età di sette anni,grazie alla passione trasmessa dalpapà Mariano, ed è subito un colpo di fulmine. Comincia a gareggiare con la «Forti e Veloci», raggiungendo ottimi risultati e prerarando il suo fisico per  il futuro e le gare più importanti. Scala tutte le categorie fino all’under 23, ma nel 2016decide si spostarsi dal ciclismo su strada al ciclocross: «Ci volevano troppe ore di allenamento per essere competitivo per le gare su strada e non risucivo più a dividermi tra sport e lavoro, per questo ho deciso di passare al ciclocross». La passione non manca di certo e anche arrivano i primi risultati promettenti alchallenge Emilia Romagna juniores. «Certo –racconta Matteo Faes– il ciclocross è un altro tipo di ciclismo rispetto a quello su strada, le gare sono concentrate su una sola ora ma lo sforzo, soprattutto alla partenza è estremo, molto diverso dalle 4 ore delle gare su strada. Il cambiamento mi ha fatto ritrovare una forte motivazione, con il ciclocross mi sono trovato bene fin da subito dubito,  anche se ammetto che all’inizio qualche bastonata è arrivata, ma gli errori servono per crescere». Nella stagione 2019/2020 il ragazzino sale e l’allora 20 enne Matteo Faes gareggia nella categoria Elite dell’under 23. Conquista due podi:3° posto nella graduatoria finale del Trofeo Lombardia articolato su 9 prove e nella gara di Cogliate (Monza Brianza) a fine anno. Poi due quarti posti ad Ospitaletto Mantovano (Mantova) e a Berbenno di Valtellina (Sondrio); quinto a Rivalta sul Mincio (Mantova). Altri piazzamenti nei “dieci”: 9° a Bolzano nonostante un incidente meccanico e a Flero (Brescia). Inoltre, 11° a Lurago d’Erba (Como) dove ha lottato anche con problemi alla bicicletta. Nel 2021/2022 ottiene dei piazzamenti molto importanti in Piemonte e in Lombardia doveraggiunge il terzo posto nella classifica a tappe. Dopo la fine della stagioneche lo ha visto impegnato in 20 gareconcentrate in poco più di 3 mesi Matteo Faes ci ha raggiunto in redazione rispondendo volentieri ad alcune domande. C’è un ciclista a cui ti sei ispirato? «Ho pochi dubbi in proposito, a Van der Poel» Hai degli obiettivi particolari? «Vado in bicicletta per passione e  divertimento. Il ciclismo è uno sport sano che fa bene al corpo e alla mente. Non ho particolari obiettivi se non quello di misurarmi sempre con me stesso e dare il massimo in qualunque gara». Qualche sogno no? «Oggi imporsi nel ciclismo giovane è molto più difficile di un tempo. Il ciclismo è diventato una sorta di formula uno dove tutti curano i particolari. Le attrezzature sono diventate importantissime e sono a livelli impressionanti. Per emergere ci vuole il talento, e quello ce l’hai dallla nascita». Dimmi un pregio e un difetto del Matteo Faes ciclista… «Vivo la gara in modo nervoso e sono molto emozionato, questo credo sia un difetto. La cosa positiva invcece è che vivo le esperienze sportive in modo sereno e consapevole dei miei limiti». E come la mettiamo con il doping nel ciclismo? «Il ciclismo, ripeto, è uno sport sano che ha più seguito in Italia del calcio. Ci sono delle eccezioni, ma non è giusto generalizzare. Comunque non si deve barare per rispetto verso noi stessi e gli altri. È questione di coscienza». Qualche rimpianto? «Se potessi tornare indietro cercherei di dare di più nella gare su strada, ma purtroppo nella vita a volte bisogna fare delle scelte, ed io ho voluto seguire anche gli  gli impegni di lavoro.» Cosa consigli ad un ragazzo che vuole diventare professionista? «Di prendere il ciclismo come un bellissimo gioco e passatempo fino all’età di 13 anni. Se poi hai talento e passione puoi farlo diventare un impegno molto serio iniziando però uno stile di vita adeguato senza nessun eccesso. Comunque vada questo sport di offre l’opportunità di rimanere a contatto con la natura e gustarti dei panorami a volte davvero mozzafiato». Correre in bicicletta significa avere un team che ti segue vero? «Certo che sì! Per questo ringrazio mio padre Mariano che mi segue sempre e mi consiglia per il meglio, Enrico Pengo ex meccanico della nazionale professonisti su strada e il mio team Lapierre bicicletta dove mi trovo davvero molto bene»

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