Mai in Nazionale, una VERA e propria BEFFA | L’annuncio che riguarda gli AZZURRI fa il giro del web
Gennaro Gattuso CT Italia (lapresse) - sportmagazinetrentino.it
L’ex attaccante e il grande rimpianto: due convocazioni, zero minuti in Azzurro. “Ai miei tempi serviva un’epidemia per essere chiamati.”
La Nazionale italiana è al centro dell’attenzione mediatica, soprattutto da quando la panchina è stata affidata a Gennaro Gattuso.
L’ex campione del mondo del 2006, noto per la sua grinta e la sua determinazione, ha assunto il ruolo di Commissario Tecnico con l’obiettivo di riportare gli Azzurri ai livelli di un tempo e, in particolare, di centrare la qualificazione ai prossimi Mondiali.
“Ringhio” ha portato con sé in Nazionale la sua filosofia di lavoro: massimo impegno, serietà e l’intenzione di costruire una “famiglia” tra i giocatori, puntando a ritrovare entusiasmo e mentalità positiva.
In questo contesto di rinnovamento e ambizione, fa riflettere la storia di un ex attaccante che, pur sfiorando il sogno Azzurro, non è mai riuscito a realizzarlo, un’occasione mancata che lui stesso definisce con lucidità.
Il rimpianto di Floccari
È il caso di Sergio Floccari, l’ex attaccante nato a Vibo Valentia che ha lasciato il segno in Serie A vestendo maglie importanti come quelle di Messina, Lazio, Genoa, Atalanta, Parma, Sassuolo, Bologna e SPAL. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Floccari ha aperto il cassetto dei ricordi, rivelando un unico, grande rimpianto: “Forse la Nazionale. Ma va bene così. Troppo facile dire: ‘Ora saresti titolare’“.
Nonostante le due convocazioni ricevute, l’attaccante non è mai riuscito a esordire con la maglia Azzurra, consapevole del fatto che, ai suoi tempi, la concorrenza era così agguerrita da richiedere “che scoppiasse un’epidemia per essere chiamati“. La sua carriera, tuttavia, è stata una battaglia vinta, partendo da un periodo complicato e da un’infanzia in cui emergere dal Sud era un’impresa.

La dura scalata di Floccari
Negli anni ’80, Floccari ha dovuto lottare per arrivare piano, piano in Serie A, in un contesto dove “mica venivano gli osservatori”. La sua determinazione lo portava a fare “più di 100 chilometri per andarmi ad allenare a Catanzaro e altrettanti a tornare”, dimostrando una fame e una voglia di emergere che lo hanno sempre distinto.
Il 43enne ha ammesso di aver vissuto un momento di grande difficoltà, in cui ha temuto di non farcela, quando giocava al Montebelluna: “Non avevo amici, giocavo pochissimo ed ero l’unico che veniva da fuori, vivevo da una signora”. Ma l’ex centravanti, nonostante tutto, non ha mai permesso al dubbio di prendere il sopravvento. Lo dimostra anche l’episodio della sua iscrizione all’Università, un percorso abbandonato “per colpa del calcio“.
