L'addio alla strada di Elia Viviani - Sportmagazinetrentino.it (Foto X)
L’olimpionico di Rio 2016 e portabandiera a Tokyo ha disputato l’ultima corsa della carriera: il Giro del Veneto diventa un tributo.
Quando arriva, arriva. L’importante è coglierne i segnali, perché farsi prendere alla sprovvista da lui non è mai una bella cosa. No, non si sta parlando del Natale, bensì di qualcosa che nel cuore di chi lo accoglie è di certo meno gradevole, ma non meno emozionante.
La scelta del momento di ritirarsi dall’agonismo è una delle più difficili per uno sportivo. Almeno 20 anni di vita che passano di fronte agli occhi e il dubbio amletico che ti tormenta per mesi: “Che sia davvero finita?”.
Non c’è popolarità dello sport che tenga e neppure pesantezza del palmares. Puoi avere vinto titoli o gare in serie o essere un eterno piazzato, ma The last dance provocherà sempre lo stesso magone, tuo e di chi ti sta vicino.
A meno, appunto, che quel momento lo si riesca a programmare per tempo, magari con il supporto di famiglia e amici, in modo da trasformarlo in una gigantesca passerella in cui ci sia spazio solo per sorrisi e festeggiamenti e non per la tristezza.
Appendere al chiodo il proprio strumento di lavoro sportivo può rappresentare l’inizio di una seconda vita, fatta di meno sacrifici e più tempo per sé e per chi sta attorno. Questo è quello che ha pensato Elia Viviani a margine del Giro del Veneto, corsa che ha chiuso la leggendaria cavalcata del veronese nel ciclismo professionistico su strada.
L’oro olimpico 2016 nell’Omnium concluderà ufficialmente la propria carriera con i Mondiali su pista in Cile e non poteva che essere così. Un ultimo, enorme abbracci a quell’Ovale dal quale ha ricevuto tanto, ma al quale ha dato anche tanto, perché se oggi la pista italiana è quello che il merito è principalmente di Elia.
Prima di Top Ganna c’è stato infatti Viviani a dare lustro ad una disciplina che sembrava morta. Quell’impresa in Brasile di ormai nove anni fa non è rimasta isolata, perché il bronzo del 2021 a Tokyo sempre nell’Omnium e l’argento di Parigi 2024 nell’Americana, incastonati tra una pioggia di titoli europei e mondiali, valgono forse ancora di più. In mezzo, ovviamente, i trionfi su strada, con 90 successi da velocista a tratti implacabile, tra i quali 5 tappe al Giro d’Italia, una al Tour e tre alla Vuelta oltre ai titoli italiano ed europeo.
Ora è arrivato il momento di salutare tutti, di ringraziare e di venire ringraziato per il lustro dato a tutto lo sport italiano, del quale è stato simbolo proprio a Tokyo, dove fu scelto come portabandiera. Una soddisfazione non da tutti, che Elia conserverà nel proprio libro di ricordi insieme a quell’ultima volta con un dorsale sulla schiena su strada. Nel suo Veneto, anche da primo sulla salita delle Torricelle, dove amici e parenti lo hanno accolto a suon di sorrisi, teglie di pizza e pinte di birra. La fine di tutto è un nuovo inizio, ma da oggi il ciclismo italiano è (ancora) un po’ più povero.
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