In ricordo di Attilio Bettega

La potenza inaudita di quei motori e la tenuta di strada dei prototipi su cui erano montati non avranno mai più alcun paragone. Stiamo parlando del famosogruppo B del mondo dei rally.Inseguendo la filosofia che aveva sviluppato la Formula Uno in pista, con l’avvento dei motori turbo, anche il mondo dello sterrato ci aveva provato. Così, negli anni ’80, dei veri e propri mostri da meno di 10 quintali e più di 600 cv, percorrevano le strade sterrate di mezzo mondo. Bolidi capaci di accelerazioni che nemmeno adesso, le vetture supersportive, riescono a raggiungere. Questa “moda” sproporzionata e talvolta assurda è durata solamente 6 anni poi, a causa di costisproporzionati e delle molteplici tragedie, venne abolita. La fine di questa spettacolare categoria è daattribuire alla morte dell’equipaggio Lancia, composto daToivonen e Cresto a bordo della Delta S4, avvenuta il 02 Maggio 1986 durante il Rally di Corsica. Ma a noi interessa l’altro 2 Maggio, quello dell’anno prima e sempre sullo stesso tracciato francese, il giorno in cui la fine della categoria ebbe inizio. Ovviamente con un’altra tragedia. La Lancia 037 con livrea Martini ufficiale, lanciata verso la vittoria perse improvvisamente aderenza e il suo equipaggio impattò con un albero. A bordo il copilota illesoMaurizio Perissinot non riuscì ad aiutare iltalentuoso pilota Lancia Attilio Bettegache morì sul colpo. A distanza di 36 anni dalla sua morte, vogliamo ricordareil Trentino di Molveno, Attilio Bettega, che aveva mosso i suoi primi passi con l’acceleratore tra i piedi a bordo di una 128 Coupè del padre. Talento naturale delle quattro ruote cominciò a fare sul serio giovanissimo vincendo la coppa Abarth con estrema facilità. Il gruppo FIAT lo volle subito al suo cospetto per le competizioni importanti e ben presto divenne uno dei pupilli di Cesare Fiorio con i colori Martini Racing. Pilota pulito nelle linee e dal piede pesante, Attilio era anche un personaggio che si faceva voler bene perché molto pacato. Tutte le sue energie le sviluppava sul piede destro, quello dell’acceleratore. Il pilota trentino si distinse alla grande, lottando testa a testa con i migliori del mondo, complicando la vita all’iridato Sandro Munari, ai mostri sacri finlandesi Toivonen e Markku Alèn, al due volte campione del mondo Walther Roehrl ed altre leggende come Ari Vatanen, che hanno primeggiato nel mondo dei rally di quegli anni. Attilio entrò nella leggenda del rally in modo prepotente, trionfando al Montecarlo nella più difficile e selettiva delle prove speciali, il Turinì, i cui passaggi fanno paura ancora oggi. Venne intervistato e con la sua calma disse: «Il rischio va affrontato, guardato a viso aperto, diversamente non è possibile esprimersi per il ruolo al quale si è deputati, ovvero quello di essere veloci e vincenti». Tre anni prima, nel 1982, sempre “il Corsica” gli era stato avverso e Attilio ne uscì con entrambe le gambe fratturate. Ma quel rally, per lui, era la massima espressione di guida delle macchine da rally. Il destino non è stato benevolo con Attilio, perché proprio “il Corsica” ce l’ha portato via per sempre.

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