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La Sfera e lo Spillo

Il calcio e il futuro: l’export dello spettacolo e il brand italiano

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Il calcio italiano vive una fase di difficoltà, appannamento e meditazione. I trofei vinti sul campo dalla Nazionale italiana, il Mondiale del 2006 e il Campionato Europeo del 2020-2021, hanno conferito una recente visibilità internazionale.

Per quanto riguarda i club l’ultima vittoria della Champions League risale al 2010 (l’Inter di Mou), mentre l’ultimo Pallone d’oro della Serie A è di Kaká nel 2007 con la casacca del Diavolo.

La Serie A negli anni novanta era considerato il torneo più importante del continente europeo. Nella massima serie del Belpaese giocavano i migliori giocatori internazionali.

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Oggigiorno la qualità del calcio italiano è scadente, i settori giovanili sono umiliati e poco assistiti per questioni di denaro e approccio folcloristico. Si preferisce attingere al bacino dei giocatori stranieri non sempre di cristallina qualità, ritenuti pronti e a buon mercato.

L’Italia e il suo calcio possedevano un particolare appeal ed era meta indiscussa di autentici fuoriclasse e di ingenti investimenti nazionali.

Il tramonto sportivo ricalca, come carta carbone, la fase di difficoltà del Paese. I tempi sono cambiati e il calcio nostrano non si è adeguatamente allineato ai migliori campionati europei.

Per ironia della sorte le fragorose vittorie degli anni novanta e duemila hanno narcotizzato il sistema nel suo complesso mascherando i problemi all’orizzonte e le questioni irrisolte sul tappeto.

La Premier League inglese fattura 4.080 milioni di Euro (suddivisi a metà tra diritti internazionali e quelli del mercato domestico), la Serie A solo 1.188 milioni di Euro (il 20% derivato dal mercato estero e l’80% da quello locale). La disparità dei sistemi è evidente, un gap di competitività che dovrebbe far riflettere l’intera catena dell’industria del pallone.

In questa classifica la Serie A è superata dal già citato torneo britannico, dalla Liga e dalla Bundesliga e anticipa la Ligue 1.

Il declino certificato non è un fenomeno inarrestabile e vorticoso ma è necessario un “business plan” ben congeniato, una cabina di regia che superi le divergenze nei palazzi del potere e le rissose riunioni delle società nei consueti meeting.

L’esportazione del calcio italiano sui nuovi mercati esteri (Asia, Medio Oriente e Africa) inteso come prodotto riconoscibile e di qualità. I canali digitali, l’internalizzazione dell’intero sistema, gli accordi commerciali mirati sono alla base del rilancio programmatico e sportivo.

Gli stadi di proprietà moderni e multifunzionali, aperti alle città, eliminando i fastidiosi recinti, le obsolete transenne fisiche e culturali, all’interno di un quadro urbanistico ambizioso e visionario rappresenterebbero un primo passo, un ponte verso il futuro.

Saper raccontare il marchio Italia con cultura e fascino: iniziando dalla sua storia unica, ripartendo dalle sue eccellenze, le sue bellezze, il turismo, i suoi campanili, la filiera della moda, quella agroalimentare, il design e la meccanica di precisione.

L’Italia quattro volte Campione del Mondo, due volte Campione d’Europa è uno splendido “portrait”, un dipinto che sa emozionare, un Paese che chiede solo di essere raccontato.

Il calcio e il futuro: l’export dello spettacolo e il brand italiano.

Emanuele Perego             www.emanueleperego.it              www.perego1963.it

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