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Festival dello Sport, Matteo Della Bordella sulle tracce di Walter Bonatti

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Matteo Della Bordella si è mosso davvero sulle tracce di Walter Bonatti, anche oggi quando, al palazzo della Regione di Trento, ne ha ricordato lo stile “semplice, moderno, visionario”. “Era – ha detto Della Bordella – un modo di scalare diverso da quello che andava per la maggiore ai suoi tempi, fatto di grandi spedizioni e di un uso importante di attrezzatura”. Bonatti dunque scalava già allora in modo originale, anche affrontando pareti e vie molto impegnative.

L’associazione alpinistica dei “Ragni di Lecco” è il crocevia dove si incontrano le storie del giovane Matteo Della Bordella e di Walter Bonatti, anche se i due non si sono mai conosciuti di persona.

“Con i Ragni di Lecco – ha sottolineato Della Bordella – sono cresciuto come alpinista e come persona”.

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Oggi il racconto della “ripetizione” dello scorso marzo si è svolto con il supporto di immagini e qualche filmato. Nel corso del dialogo col giornalista Alessandro Filippini è emerso che anche al giorno d’oggi, con l’attrezzatura che c’è e l’accresciuto numero di alpinisti, sono ancora poche le persone che si avventurano sulle tracce di Bonatti, perché le sue vie sono davvero molto tecniche.

Nel 1965 Bonatti tracciò la via sulla nord del Cervino in più giorni, bivaccando in parete; nel marzo scorso Matteo Della Bordella, François Cazzanelli e Francesco Ratti hanno seguito la stessa linea raggiungendo i 4478 metri della cima, in una sola ma lunga giornata.

La testimonianza di Della Bordella ha oggi reso omaggio al talento di Bonatti che nel 1965 ha affrontato difficoltà enormi con un’attrezzatura che non è paragonabile a quella moderna.

Il racconto ha offerto anche l’occasione per sottolineare le differenze tra l’arrampicata sportiva, che può anche raggiungere le maggiori difficoltà tecniche e l’alpinismo classico, che richiede una tempra mentale notevole. “In ogni via – ha detto Della Bordella – c’è un punto di non ritorno, dopo il quale l’unica uscita possibile è arrivare in cima. Per affrontare la via di Bonatti ho dovuto dare fondo a tutta l’esperienza accumulata negli anni”. Nell’alpinismo classico la via va anche trovata, ha spiegato, va capita la montagna.

“Durante la scalata – ha aggiunto Della Bordella – nei passaggi più difficili mi sono chiesto come li abbia affrontati Bonatti. Ho cercato di mettermi nei suoi panni chiedendomi da dove fosse passato nel 1965”.

L’alpinismo dunque è un modo per esprimere se stessi attraverso le linee che si tracciano sulle montagne e quindi, ripercorrendone le vie, anche per conoscere un po’ chi quelle linee ha tracciato.

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