Lui, Emiliano Mondonico, avrebbe sorriso. La scomoda etichetta (affibbiata dal cronista snob) di allenatore provinciale non l’avrebbe ferito nell’animo: al contrario, sarebbe stato un vanto, fiero e onorato.
Il periodo primaverile è nel suo destino e segna la sua biografia. E’ nato a Rivolta d’Adda nel mese di Marzo del 1947, tra i boschi e le rogge, in provincia di Cremona. Se ne è andato tre anni fa, in punta di piedi, nel Marzo del 2018. Quando era fanciullo giocava al pallone tra gli alberi e i pioppeti della sua terra, sognando la Serie A.
E’ stato un uomo “pane e salame”, umile e sanguigno, cresciuto all’oratorio in riva all’Adda, aiutando la famiglia proprietaria di una trattoria. Lo ricordano come un giocatore esuberante, di classe e discontinuo con le maglie di Cremonese, Torino, Monza e Atalanta.
L’innata gestualità, la grinta e la determinazione erano le doti che l’uomo mostrava con ardore e fermezza.
Appese le scarpette chiodate diventa un allenatore apprezzato, guidando, tra le altre squadre nobili del calcio nostrano: Cremonese, Atalanta, Torino e Fiorentina (di cui era tifoso e non celava la fede sin dalla gioventù).
E’ nell’almanacco del grande calcio la sedia levata al cielo durante il match tra Ajax e Torino (finale di Coppa UEFA del 1992), giocato ad Amsterdam, per un rigore non concesso ai granata.
“Quella fu una protesta che rappresentava la rabbia di tutti coloro che non hanno voce: quella sedia non era un fucile, era un’arma da osteria” disse Emiliano Mondonico, tecnico del Toro, ai giornalisti.
In panca alza l’ultimo trofeo del Torino: la vittoria della Coppa Italia (46esima edizione) contro la Roma di Vujadin Boskov il 19 giugno del 1993.
Si deve al “Mondo”, alla guida della Cremonese, il ritorno in serie A nel 1984 (dove mancava da più di 50 anni) con le prodezze e le reti del giovanissimo Gianluca Vialli.
E’ il precursore dell’Atalanta dei miracoli sul palcoscenico europeo; la Dea che militava in serie B (stagione 1987-88) arriva sino alla semifinale di Coppa delle Coppe, eliminata per mano dei belgi del Malines.
“Ho vissuto la mia carriera di giocatore nel pieno dell’immaturità, pensando che tutto fosse un divertimento e di non aver nessun obbligo, ma solo diritti, dando sempre la colpa agli altri. Questa è stata la mia grande forza quando sono diventato allenatore”.
Emiliano Mondonico, fiero allenatore di provincia, a tre anni dalla scomparsa.
Emanuele Perego www.emanueleperego.it www.perego1963.it